Zio Felice non ha mai visto il mare

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Zio Felice salutò compare Fedele e salì in macchina. Aveva il cuore in gola e mille strani pensieri per la testa. Come alcuni suoi coetanei che vivevano nei pressi, non si era mai allontanato dalla montagna. La sua vita era racchiusa in quei monti; la zappa era il suo credo e le bestie i suoi compagni di viaggio. “Se non vieni al matrimonio non ti sistemo più le carte!”. Era stato questo ricatto del nipote a convincerlo ad accettare l’invito.
Compare Fedele gli aveva garantito che avrebbe pensato lui agli animali e che avrebbe dato pure un’occhiata alla casa. “Stai tranquillo che non piove!”, lo aveva anche rincuorato “Sono nuvole passeggere”.
“Tu, comunque, se dovesse piovere, rimetti le pecore” implorò zio Felice preoccupato per il suo piccolo gregge che brucava l’erba nel pascolo dirimpetto casa.

Zio Felice non sapeva dove lo stessero portando, aveva solo sentito dire che in quel posto lì avrebbe visto il mare, mare che non aveva mai visto prima. Ma lui pensava al gregge: “Se piove e compare Fedele non rimette le pecore, mi sente!”, quasi imprecava come se avesse già iniziato a piovere. Ma era una bella giornata di primavera inoltrata e il sole era salito in alto irradiando i suoi raggi che scendevano giù come carezze dorate. Arrivati al ristorante, Zio Felice, accomodatosi vicino al nipote, fu attratto da una mazzancolla che afferrò e divorò intera, senza sbucciarla. I filamenti e le pellicine del crostaceo gli andarono di traverso. Passò un brutto quarto d’ora, divenne cianotico e si salvò soltanto dopo essersi scolate due brocche d’acqua intere. Scampato il pericolo, ebbe la conferma che tra carne e pesce non ci fosse partita. Dopo qualche minuto posò gli occhi su un sauté di ostriche, vongole, cozze e cannolicchi. Memore, però, della mazzancolla di poco prima, volle tastarne la durezza con il dito. Terminata l’operazione si infervorò. Scattò in piedi come una molla, piegò il braccio destro a elle e portò il palmo della mano sinistra a colpire il lato interno del gomito destro nel classico gesto dell’ombrello. “Tiè”, disse “queste le mangiate voi!” Lo sposo, che aveva seguito la scena, si piegò in due dal ridere, mentre gli altri commensali rimasero pietrificati a bocca aperta. Il nipote pensò bene di raggiungere un accordo veloce con il cameriere che dirottò nel piatto di zio Felice due belle scaloppine sottratte al tavolo dei bambini che, noncuranti delle loro spettanze, scorrazzavano in lungo e in largo. Zio Felice si calmò, poi il nipote lo portò a prendere una boccata d’aria sul terrazzo.

Impercettibile la linea dell’orizzonte, il mare si ricongiungeva con il cielo in un unico azzurro. In lontananza il vociare dei bambini annunciava l’estate imminente. Zio Felice sgranò gli occhi e proclamò solennemente: “Appena torno a casa compare Fedele fa i conti con me. E meno male che non pioveva… tutta quest’acqua!”

Bruno Di Placido

Volontario della V.d.s Protezione Civile di Cassino, impegnato in vari aspetti del sociale, lettore e, da qualche anno, anche scrittore con un’ambizione dichiarata: riuscire a fondere ragioneria di cui vive e prosa con la quale sogna.

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