Chi si ferma è perduto

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“Allora, Marta al catechismo, Giuseppe a calcio, Mario dall’amico, Rebecca dalla nonna, Sandra a danza e Amilcare a McDonald’s. Tutto chiaro?” chiese Giovanna come se stesse recitando una poesia. “Yes!” rispose Giorgio aggiungendo un tocco di classe. Ai suoi figli, i primi quattro della lista, si erano aggiunti gli ultimi due, i nipoti. Era una cortesia che faceva ogni sabato alla cognata, dal giorno in cui aveva ritirato il sette posti nuovo di zecca. Durante la settimana, invece, ognuno a casa sua. A casa per modo di dire, poiché i figli si dividevano tra corsi di chitarra, di inglese, di nuoto, compleanni, rientri a scuola e chi più ne ha più ne metta. E Giorgio, quando poteva, lavorava pure. Per fortuna c’era la domenica, il giorno del Signore. Ma la domenica, oltre a essere il giorno del Signore, era anche il giorno in cui si faceva più nemici che amici. Per portare avanti il cammino di fede intrapreso, infatti, declinava eventi e inviti che il destino si divertiva ad intersecare come se lui avesse il dono dell’ubiquità. E mentre gli amici si offendevano, lui si riposava.

All’ultima consegna Giorgio incrociò Giovanna che sfrecciava con la sua utilitaria. Era in evidente ritardo per la parrucchiera e ancora doveva andare al supermercato. Correva pure lei, perché chi si ferma è perduto. Un caffè veloce con l’amico, una rapida occhiata al giornale. L’articolo, ben scritto, citava le differenze tra studenti italiani e americani. Forse più preparati i primi, sicuramente più concreti i secondi. “Lasciali stare gli americani, sono polentoni” disse l’amico. Giorgio ci pensò e se De Niro, Obama, Al Pacino, Bruce Springsteen eccetera eccetera eccetera erano polentoni, ebbene, voleva essere polentone pure lui. “Gli americani fanno solo quello che sanno fare, mica sono come noi che dobbiamo danzare, cantare, scrivere, incantare, inventare. Voglio fare il polentone anch’io”, comunicò Giorgio all’amico.

“Senti cara, ho deciso, questa vita non mi piace, devo darci una sferzata, non si può continuare così. Ti rendi conto delle corse che facciamo? Per quanto tempo ancora possiamo andare avanti con questo ritmo? Voglio fare il polentone, così mi rilasso un po’”.
Giovanna lo guardò teneramente e disse: “Come vuoi amore. La verità però è che non ti ci vedo a fare il polentone, per come sei abituato tu, sempre indaffarato fuori casa. Ma se è quello che vuoi non c’è problema”. Giovanna lo baciò, non era mai stato in discussione il loro amore. Aveva fretta e corse. Quando rientrò lo baciò di nuovo e svuotò le borse della spesa sul tavolo. “Caro, ti ho portato la farina di granturco, le salsicce e il pecorino grattugiato. Pepe e sale sono nella credenza. Sono gli stessi ingredienti che usava la nonna”. Giorgio sgranò gli occhi e disse: “Cara, per fare cosa?”
“Come per fare cosa? Hai detto che volevi fare il polentone…”

Bruno Di Placido

Volontario della V.d.s Protezione Civile di Cassino, impegnato in vari aspetti del sociale, lettore e, da qualche anno, anche scrittore con un’ambizione dichiarata: riuscire a fondere ragioneria di cui vive e prosa con la quale sogna.

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