Verde naja

naja
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C’è stata una cartolina verde che ha fatto piangere milioni di madri italiane, almeno fino agli anni 2000. Il suo arrivo significava che il loro bambino, neo maggiorenne, doveva partire militare, rasare i capelli, stare un anno lontano da casa; poiché se gli diceva male un siciliano, ad esempio, si ritrovava in Friuli.


Al dolore di mamma e alle lacrime delle fidanzate (candidate al concorso “Miss Cornuta”) vi era la soddisfazione dei papà. Quest’ultimi, vi erano passati e sapevano che i loro figli partivano bimbi cresciuti e ritornavano uomini. Infatti avrebbero fatto esperienza militare, ottenuto la prima paga, ma soprattutto era esperienza di vita. Qualcuno furbo e lontano da casa sicuramente, usufruendo del fascino della divisa, si sarebbe trovato un “Tosetta” di compagnia e convenienza (non c’era mamma a lavare i panni).


Le stazioni italiane, hanno raccolto fiumi di lacrime di madri e fidanzate, quest’ultime pronte ad una vita di clausura per rispetto del moroso che serviva lo stato, ignare degli intrighi del proprio lui.
Ma la “NAJA”, come la chiamavano, aveva il suo fascino.


Ora se non fosse stata abolita avrebbe un sapore diverso, le giornate di treno sarebbe accorciate da voli last minuti, con distacco minore da amici e parenti. Le chiamate rapide dalla cabina a gettoni sostituite da lunghissime video chiamate. E le fidanzate? Bè andrebbero insieme al proprio ragazzo, in fin dei conti ora ci sono donne in difesa di cui dobbiamo andare fieri.


Con la leva obbligatoria, però, sono spariti anche sfottò ai giovincelli, del tipo: “Se la naja ancor non ti disturba, godi la bella vita finché puoi. Quando anche tu diventerai povera burla, allor ti canterò son casi tuoi”.

Antonella Branca

Sono nata qualche annetto fa, cresciuta in un piccolo paese ricco di storia e tradizioni, a pochi passi dal mare, dove tuttora fuggo appena possibile. Ho frequentato la biblioteca del mio paese e sono cresciuta con lei, nel 2004 insieme con alcuni compaesani abbiamo fondato un’associazione culturale e creato un piccolo giornale a diffusione gratuita dal titolo “Sciuccaglie”. Sempre in quell’anno con un gruppo di amiche ci siamo occupate del nascente Museo della Pietra e siamo state formate per essere guide turistiche. Appassionata di seggi elettorali e politica, nel 2005 ho svolto un percorso universitario per l’accesso delle donne in politica e nelle istituzioni; lì mi sono innamorata della storia delle donne e della condizione femminile. Ho partecipato, dietro le quinte, a un progetto sulla guerra e le violenze di quel tempo. Nel 2010 ho creato un blog tutto mio, dove raccontare di viaggi nelle tradizioni popolari, nelle ricette italiane e della cucina povera. Ho scritto storie d'amore e di amicizia, e altro ancora. Scherzosamente mi definisco un po' giornalista, un po' food blogger, un po' storica. Ma sognatrice, romantica e solare; schietta, diretta e determinata.  Cerco di trasmettere i sentimenti che catturo nel mio vivere quotidiano, spesso con ironia dico: "Sono una scrittrice, qualsiasi cosa tu dica o faccia può essere utilizzata in una storia". Ho partecipato alla prima edizione del premio letterario “Veroli Alta”, con il testo C’era una volta il paese di pietra, nel 2013 e sempre in quell’anno ho scritto il mio libro auto-prodotto, non in vendita perché è la mia bomboniera di nozze; dal titolo “IL SAPORE DEI RICORDI”. Ho collaborato con varie realtà e dal 2016 con immenso piacere scrivo per voi di tantestorie.it.

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