L’ultima nevicata

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Pino cercò di aprire la porta quando albeggiava, ma non ci fu nulla da fare. Provò con quella che immetteva sul retro, ma ottenne lo stesso risultato. E quando poi cercò di forzare le finestre, ebbe il presentimento che la sua vita e quella dei suoi cari fossero giunte al capolinea. Stanco della fatica accumulata durante la giornata, aveva dormito profondamente per tutta la notte senza accorgersi che, con il passare delle ore, la neve aveva raggiunto i tre metri. Angelica e i ragazzi dormivano ancora. Accese la televisione per cercare un po’ di conforto, ma le notizie che si susseguivano a ritmo incessante erano catastrofiche. Ogni canale trametteva la propria edizione straordinaria del telegiornale e ben presto il presentimento di Pino di non farcela divenne certezza.

Tante volte si era riproposto di cambiare casa, la sua casa, l’ultima del paese a ridosso della montagna, sottoposta continuamente a slavine e peggio ancora a valanghe. Tante volte aveva pregato in cuor suo che le cose andassero per il meglio e altrettante volte gli era andata di lusso. Ma la sua condizione di boscaiolo gli assicurava solo la sopravvivenza e non certo la somma necessaria per una nuova casa in un posto più sicuro. Lui era l’unica fonte di reddito della famiglia, costava meno pregare. Il telegiornale parlava di dispersi e dell’impossibilità dei soccorsi di raggiungere le abitazioni isolate. Pino, per la prima volta nella sua vita, provò paura, angoscia, dolore e rassegnazione senza saperli distinguere tra loro. Usciva dalle labbra del giornalista quella che somigliava a una remota speranza che anche questa volta ce l’avrebbero fatta. Poi saltò la corrente e tutto divenne più buio. “Ci stanno cercando, vero?” chiese Angelica con un nodo in gola sperando nel domani. Il silenzio di Pino era più freddo dell’ammasso di neve che li teneva prigionieri. Poi provò a mentire, ma oramai non ne aveva più la forza. “Il domani è oggi, non ce ne sarà un altro”, disse soltanto.

Il telefono di casa non dava segni di vita e intanto Pino si chiedeva il senso della vita. Andò nella camera dei ragazzi e li guardò con una tenerezza che non gli era mai appartenuta. Larici, abeti rossi e bianchi erano la sua materia prima e motoseghe, trattori, tiranti e roncole gli attrezzi del mestiere. Polenta, vino, grappe, pane e formaggi stagionati il frutto del suo duro lavoro. Iniziava il periodo primaverile di disgelo. La montagna viene giù nel silenzio del bosco dove si ode solo il suono delle radici degli alberi che si spezzano. Ma è un suono che solo un orecchio attento e impaurito può captare. Pino caricò di legna il camino e la fiamma gli diede la forza. Il bastardino si accucciò vicino al fuoco. “Almeno siamo tutti insieme”, disse ad Angelica. Si abbracciarono, poi chiusero la loro camera a chiave e fecero con amore ciò che fino ad allora avevano fatto per dovere. E poi parlarono tanto… Angelica confessò che a volte aveva guardato gli altri giovanotti e aveva pensato agli anni che passavano… e avrebbe voluto sentirsi giovane, lei che giovane non lo era mai stata. Pino l’abbracciò, lui che si sentiva un vile per non essere riuscito ad assicurare alla famiglia una vita migliore.
Poi venne il giorno, ma era notte lo stesso. I ragazzi fecero finta di aver creduto che fosse tutto sotto controllo. Pino e Angelica, una storia d’amore sbocciata non prima, non tardi, ma semplicemente al momento giusto. Mai stati così vicini, e non per paura ma per amore. Era questo, forse, il senso della vita, della loro vita… l’ultima nevicata. Pino si accese l’ultimo sigaro buono, messo da parte per le grandi occasioni.

La valanga è silenziosa, procede discreta, un fiume bianco dal passo felpato. Poi ti avvolge in un abbraccio mortale

Bruno Di Placido

Volontario della V.d.s Protezione Civile di Cassino, impegnato in vari aspetti del sociale, lettore e, da qualche anno, anche scrittore con un’ambizione dichiarata: riuscire a fondere ragioneria di cui vive e prosa con la quale sogna.

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