Siamo tutti camerieri

Foto di Rob Owen-Wahl da Pixabay
Foto di Rob Owen-Wahl da Pixabay
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Italo era circondato da falsi amici interessati solo al suo conto in banca. E lui stava al gioco, faceva finta di non accorgersene fino a che poteva. Viveva così il suo tempo, senza alcun problema economico, ma in balia della solitudine. Per acquietare cuore e coscienza elargiva cospicue somme di denaro in beneficenza. Sapeva che non poteva prendersela più di tanto con il prossimo, lui di errori ne aveva commessi, eccome se li aveva commessi. Cattiveria non proprio la sua, presunzione di sicuro. Riteneva che il mondo girasse da sempre intorno ai soldi, come se amicizia, amore e solidarietà fossero concetti astratti che riguardavano gli sfigati. «Non potendo scalare le vette del successo» asseriva convinto, «l’uomo si inventa tali frottole finendo per autoconvincersi». Grazie alla ristorazione e alla capacità di stare al passo con i tempi, clienti e fatturato continuavano ad aumentargli in modo proporzionale alla mancanza di affetto e di relazioni profonde e durature. Del lavoro aveva capito tutto, sapeva trattare bene i dipendenti: cuochi, camerieri, giardinieri e altri prestatori di servizi ricevevano con puntualità il compenso pattuito. Si era però creato un rapporto freddo, un do ut des che gli lasciava l’amaro in bocca.

Per un periodo si era dato alla chiesa, ma più che di frequenza vera e propria si era trattato di blandi colloqui con dei prelati a cui, per sua abitudine, non aveva fatto da subito mancare la propria generosità. Questi, però, lo avevano deluso come gli altri; si era presto accorto che anche loro mangiavano alla pari di tutti o forse più. Nonostante nella vicenda avesse intravisto una perdita del mistero, non se l’era sentita di chiudere i ponti con quel mondo spirituale. Complice l’eco di qualche frase recepita in fretta e furia, tipo “Meglio una parola che illude al silenzio che toglie ogni speranza” oppure “Se la parola attecchisce è capace di lavorare nell’inconscio, in silenzio, senza clamori”, si era aperto alla speranza finendo, come a volte accade, per essere premiato. Gli sovvennero le parole dell’ultimo prelato che aveva ospitato qualche settimana prima; costui, passandosi il tovagliolo sulle labbra impregnate di vino, salsa e molliche, ebbe a dire: «Ricorda Gesù, uno dei più grandi servitori della storia. Nessuno come lui, ma tutti dovremmo essere come lui. Il servizio amico mio, quello vero! Che se offerto con gioia e umiltà ti rende migliore senza aspettarsi compensi e riconoscenza». Ripulito il piatto, il prelato tolse il disturbo non senza prima aver ringraziato per l’ospitalità e soprattutto per il luculliano pranzo. Italo lo ricontattò qualche giorno dopo, aveva l’esigenza di scendere più in profondità. E pazienza che ci avrebbe rimesso l’ennesimo pasto, sapeva bene che i migliori risultati si raggiungono quasi sempre intorno a una buona tavola.

«Osserva i tuoi camerieri. Soffermati sui loro gesti, semplici e ripetitivi, ma dai quali traspare umanità e competenza. Ti sei mai chiesto qual è la differenza tra uno bravo e uno normale, visto che in linea di massima fanno tutti il proprio dovere? Portare un piatto rappresenta la mediocrità, servire il prossimo appartiene all’eccellenza». Il religioso, parlato il giusto, prese il caffè e si congedò: «Amico mio, guardale negli occhi le persone, gli occhi non mentono mai. Fai però in modo che i tuoi sorridano sempre».

Italo rimase a meditare. Non ci fu un inizio né una fine e né un conteggio esatto del tempo occorso per la sua metamorfosi, il tempo è la vita stessa. Cominciò a vedere il servizio sotto una luce diversa. Ci vide tanta gente dietro: oltre ai camerieri il prelato, gli infermieri, gli ultimi, gli operatori sociali, i volontari. Ci vide un padre lavorare duramente. Ci vide una mamma privarsi del boccone per darlo ai figli, ma poi la vide morire perché non aveva più forze e dietro di lei vide morire pure quei figli a cui lei aveva sacrificato la sua vita. Riuscì però a riavvolgere il nastro prima che ciò accadesse e la convinse: «Devi stare bene tu per prima, altrimenti chi si occuperà dei tuoi figli? Il primo boccone deve essere tuo, poi gli altri dei tuoi figli. Un uccellino vola nel nido dove trova i suoi piccoli, ma se non ha le forze resta a terra». Come quei camerieri che mangiano prima che arrivino i commensali invitati al banchetto.

Per ultimo ci vide gli imprenditori, quelli seri, capaci di creare e portare avanti lavoro serio.

Dopo una notte insonne, alle prime luci dell’alba Italo telefonò al suo amico religioso e gli fece la domanda:

«Padre, siamo forse tutti camerieri?»

Qualche giorno dopo il prelato tornò a fargli visita e, tra l’incredulità del suo personale, Italo i piatti volle servirli lui.

Foto di Rob Owen-Wahl da Pixabay

Bruno Di Placido

Volontario della V.d.s Protezione Civile di Cassino, impegnato in vari aspetti del sociale, lettore e, da qualche anno, anche scrittore con un’ambizione dichiarata: riuscire a fondere ragioneria di cui vive e prosa con la quale sogna.

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