Se fosse nato birmano

Tempo di lettura: 2 Minuti
  1. Cambio meccanicamente canale. Ho tanto da fare ma cedo al tepore del camino.

Mao è con me, acciambellato come sempre all’angolo del divano che ritiene suo. Guarda con occhi semichiusi il fuoco che scoppietta. Intanto mi soffermo sul telegiornale, se non altro mi aggiorno su cosa succede nel mondo. Il solito talk show in cui la conduttrice tratta sciagure, proteste e gossip alla stessa maniera; pane quotidiano di noi miserabili, poveri cristi alla mercé di chi usa ogni mezzo per distoglierci dai veri problemi del paese.

Ascolto passiva, però mi dispiace quando muore la gente o qualcuno sta male. Poi arriva lei, la notiziona. La conduttrice si ringalluzzisce:
“L’eredità del grande stilista Karl Lagerfeld andrà a Choupette, la sua adorabile gatta birmana dalla quale non si separava mai. D’altronde Choupette è già da tempo un’icona per gli appassionati di moda, tanto da avere un proprio profilo Instagram seguito da centinaia di migliaia di follower”.

Il servizio va avanti così, tra interviste e vecchie dichiarazioni d’amore che lo stilista ha riservato alla gatta nel corso degli anni. Mi immagino il felino più ricco del mondo alle prese con la sua cospicua porzione di salmone, caviale e ostriche bagnate da una coppa di Dom Perignon.

La notizia mi sconvolge, ma soprattutto sconvolge Mao che prima ha uno scatto di ribellione e poi si intristisce. Abbassa la testa mentre gli si inumidiscono gli occhi; si sente mortificato. Comprendo ciò che pensa “Al diavolo l’eleganza, la stazza massiccia e gli occhi belli. Sono un gatto anch’io, ho il mio fascino. E poi io con quell’antipatica e vanitosa non prenderei neanche un tè”.

Non accetta che una sua collega possa vivere nel lusso più sfrenato mentre lui deve accontentarsi di un divano consumato dal tempo, di quattro coccole elargite da padroni non sempre presenti, di una scatoletta rimediata al discount e della mezz’ora d’aria a caccia di lucertole fattesi furbe nel tempo.

Dura un attimo, il tempo di una carezza. Sento il suo pelo fulgido che si struscia sulle mie caviglie, mi fa le fusa e poi si lascia andare in un sonno profondo. E mentre lui dorme io penso.
E se Mao fosse nato birmano…
E se invece fossi stata io una stilista?

Bruno Di Placido

Volontario della V.d.s Protezione Civile di Cassino, impegnato in vari aspetti del sociale, lettore e, da qualche anno, anche scrittore con un’ambizione dichiarata: riuscire a fondere ragioneria di cui vive e prosa con la quale sogna.

Rispondi