Primo giorno

Foto di Julia Schwab da Pixabay
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Gli ultimi giorni erano stati belli: comprare libri, quaderni, l’astuccio, la cartella, il grembiule bianco col fiocco. E un po’ si era distratta. Ora non capiva tutto l’entusiasmo dei grandi. Cosa c’era di bello nel dover fare tutta quella salita, col peso della cartella poi, infilarsi in quel palazzone austero che metteva un po’ paura e stare lì dentro al chiuso per tutte quelle ore. Lei voleva stare fuori, scappare dal cortile, andare a contare le barche del porto, guardare il mare (a volte far finta di caderci dentro: una scusa perché la mamma non avrebbe capito che a lei non importava il caldo o il freddo e che in acqua si sentiva felice).

Avrebbe voluto scalare la piramide della Capitaneria che allora le sembrava così grande e ogni volta avere la sensazione di compiere una grande impresa. Voleva correre, saltare, giocare con il suo gatto nero. E invece niente, tutto finito ora. Si sentì vecchia, senza più speranza. L’indomani provò a resistere un po’ quando la mamma la svegliò ma non ci fu niente da fare. La mamma tutta contenta, invece, che l’aiutava a lavarsi, a vestirsi, a pettinarsi (quegli stupidi fiocchi fra i capelli “Così non ti vanno sugli occhi”) e la colazione più buona del solito, come fosse festa (macché). E lei sempre con il broncio, a testa bassa, anche mentre facevano la salita e la mamma parlava parlava tutta allegra e lei non ascoltava.

Arrivarono davanti al palazzo scolastico e davanti c’erano un sacco di bambine col grembiule bianco e bambini col grembiule nero, qualcuno si attaccava al vestito della mamma e piagnucolava, lei no, non gliel’avrebbe data questa soddisfazione. Per non sentire le stupidaggini che si dicevano le mamme (in altre circostanze non se ne sarebbe persa una) cominciò a guardarsi intorno. Quei bambini, quelle bambine le conosceva quasi tutte, erano quelle con cui giocava sempre per strada; ce n’erano anche di nuovi però, chissà se erano simpatici, se conoscevano giochi nuovi.

Poi la mamma la chiamò e le disse: “Vedi, quella signora sarà la tua maestra”. La maestra si girò e le sorrise, sembrava proprio sorridesse solo a lei. E che bel sorriso aveva, assomigliava a quello della mamma nei suoi momenti migliori. E che bella maglietta aveva. Suonò la campanella, e in fondo non le sembrò una gran tragedia. Forse era solo l’inizio di una nuova avventura.

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