La biblioteca

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Ogni volta che varcava quella soglia, Lucrezia, assaporava quel profumo. Fino a quando non sentiva tirare qualcosa in gola, non mollava. L’odore di chiuso e di pagine vecchie la faceva sentire così bene, che quasi non si accorgeva della presenza di qualche persona alle due scrivanie di ciliegio, lucide, ricoperte di una lastra di vetro.
Era la biblioteca di zia Molly. Una stanza dove la sua anziana zia non voleva venissero mai aperte le tre finestre ampie ed imponenti. Non voleva entrasse aria o luce. Alla simpatica Maria, che si occupava delle pulizie alla villa, diceva sistematicamente che in quella stanza avrebbe dovuto sentirsi solamente l’odore dei tantissimi volumi. C’erano delle lampade sontuose come i tendaggi. Tessuti scelti con cura su cataloghi di aziende prestigiose.

La biblioteca era frequentata da amici della zia Molly, appassionati di cultura dei più importanti salotti letterari di Roma. Lucrezia, sin da bambina, si rifugiava in quella stanza. Era cresciuta sfogliando i volumi, a volte anche senza chiedere autorizzazione alla zia. Alcuni volumi erano custoditi in mobili con ante in vetro, altri riempivano all’inverosimile librerie a parete. Qualche lastra di legno sembrava cedere al peso dei volumi e risultava un po’ storta, provata da tanto peso. C’era anche una scaletta che permetteva di accedere ai piani più in alto.
Lucrezia conosceva tutti i titoli dei volumi che erano catalogati con ordine e senza mai confusione. Ma non li aveva letti tutti. Leggeva solamente quelli dai titoli che più la incuriosivano. Non era appassionata di una materia precisa, quanto affascinata da svariati argomenti.

Lucrezia aveva quasi 30 anni e fu proprio alla vigilia del suo compleanno che la zia, alla quale era stata affidata dai genitori meno abbienti, le propose un regalo per l’occasione speciale.
Fu così che zia Molly le disse davanti una tazza di caffè bollente “Lucrezia, vorrei darti in dono qualcosa di davvero speciale per il tuo compleanno, qualcosa che, quando io non sarò più su questa terra, ti possa ricordare davvero di me… per ciò che sono stata per te”.
Lucrezia la osservò, posò il suo sguardo sulle mani rugose e con gli occhi pieni di lacrime le rispose: “zia, perché mi dici questo? Perché pensare a quando non ci sarai più? Ti prego, non dirmi queste cose. Per il mio compleanno mi accontento di averti qui con me, di poter contare sui tuoi consigli, sulla tua presenza”.
“No, voglio che tu accetti in dono un volume della mia biblioteca. Sarei così felice se tu tenessi per sempre un libro a te caro. Sai bene – proseguì la zia – che i libri, dopo la mia morte, saranno divisi sicuramente tra i miei fratelli e forse finiranno addirittura in qualche cantina o garage, dove chissà se mai qualcuno potrà leggerli ancora. O saranno venduti per pochi spiccioli. Voglio che tu ne scelga uno. Uno può rappresentare tutto. Può racchiudere anni di vita. Sarà il tuo tesoro e ogni volta che lo aprirai, sentirai l’odore di chiuso e di carta datata, che piace tanto sia a me che a te e che pochi altri sanno apprezzare. Ora vai su in biblioteca. Io ti aspetto qui accanto al camino con la tua scelta”.
Lucrezia non esitò.

Una forza inspiegabile la guidò fino alla stanza dei libri. Entrò, chiuse dietro di sé subito la porta per non far perdere neppure un alito di quel profumo della biblioteca.
Si guardava intorno. Iniziò a toccare alcuni libri, pensava, era dubbiosa. Cominciò ad avvertire un forte disagio. Incredibile, dopo anni e anni a contatto con quei volumi, non sapeva cosa prendere. Si sentiva quasi mancare. Improvvisamente i libri parevano le stessero cadendo addosso, si sentì oppressa. Temeva di non fare la scelta giusta. Cadde su una delle poltroncine verdi di velluto e si provò un senso di inadeguatezza, così inspiegabilmente. Si sentì mancare. Passarono alcune ore e Lucrezia finalmente prese una decisione.
Determinata, si ripeteva “Se non riesco a scegliere, significa che non devo scegliere! Non sono capace di individuare un volume che possa veramente ricordarmi per sempre della zia…”. Uscì dalla biblioteca che improvvisamente e per la prima volta nella sua vita sentì come un posto da incubo. Prese al volo le scale e tornò da lei. “Mi dispiace zia Molly. Io non sono capace di scegliere un libro. Sono così tanti e così preziosi che io… beh… non posso. Scusami, se ti deludo”.
L’anziana donna non si spostò. Sembrava dormisse. “Zia? Zia?!” La chiamò Lucrezia, ma nulla.

La ragazza le prese le mani che erano freddissime “Cos’hai? Non stai bene?!” Urlò Lucrezia. Ma la zia non rispose. Il suo colorito era pallido. Il respiro assente.
Lucrezia cadde in ginocchio davanti alla poltrona e iniziò a piangere. Zia Molly non c’era più e lei non aveva fatto in tempo a darle l’ultimo saluto perché presa dall’indecisione su, in quella che era diventata la biblioteca maledetta. Mentre la strinse, Lucrezia notò che la zia teneva tra le mani un libro. Con una copertina in pelle marrone. Lo prese e lo aprì incredula. Non aveva mai notato quel volume nelle librerie di casa.

Era un diario, non un libro. Il diario della zia. Pagine scritte in maniera fitta. Inchiostro di vari colori. E qualche disegno. Sull’ultimo foglio del diario una dedica “Lucrezia sei la figlia che non ho mai avuto. Sei ciò che di più bello la vita mi ha donato. Ti prego di conservare gelosamente questi miei appunti e di sfogliare le pagine ogni volta che avrai voglia di parlare con me. In questo quaderno non sentirai l’odore sublime della nostra biblioteca, ma credo che troverai tutto di noi. E pian piano sono certa che saprai abituarti a questo nuovo profumo. Zia Molly”.

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