I bulli possono essere sconfitti

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La sveglia era suonata. Tutte le mattine per Ettore era sempre la stessa storia. Sentiva il peso di doversi alzare e recarsi a scuola, dove ogni giorno incontrava sempre i “soliti” compagni. Fino a qualche anno fa, Ettore aveva amato la scuola, era sempre stato il primo della classe, poi il trasferimento nella nuova città, l’inizio delle superiori, per lui era stato traumatico. Tutta colpa dei nuovi compagni. Lo prendevano in giro per il suo modo di vestire: ad Ettore piaceva indossare le giacche, aveva dei grandi occhiali, perché era nato miope, ma tutto ciò veniva deriso dai nuovi compagni, che non si erano mai accorti della sensibilità di quel ragazzo. Ettore, infatti, nonostante ogni giorno doveva sopportare i giudizi dei suoi compagni, e non solo, quando tornava a casa doveva fingere di star bene, e prendersi cura della sua sorellina sordomuta, perché la mamma rincasava in tarda sera, dopo giornate di duro lavoro. Era trascorso un anno dalla morte del marito, e pur di non far mancare nulla ai suoi figli, la signora Adele svolgeva diversi lavoretti durante il giorno: la mattina lavorava per una ditta delle pulizie, mentre il pomeriggio lavorava in una sartoria.

Ettore voleva che quelle ore a scuola trascorressero velocemente. La fermata dell’autobus era sempre una paura per Ettore. Ѐ lì che i suoi compagni lo prendevano in giro davanti a tutti, è lì che più volte gli avevano fatto cadere i suoi occhiali per terra, fino a distruggerli. Quanti spintoni davanti quella fermata degli autobus. Ma Ettore nascondeva tutto il suo dolore a casa. Un giorno disse alla mamma: “Mamma, non mi piace più la scuola, non voglio più andarci!”.
“Ma come Ettore, hai sempre sognato di diventare un avvocato, sei sempre andato bene a scuola”.
“Sì mamma, ma ho cambiato idea, non voglio più studiare, mi troverò un lavoretto”.

La mamma riuscì a convincere Ettore almeno a prendersi la maturità, ormai mancavano solo pochi mesi al termine del V anno di Liceo Classico.
Ma per Ettore quegli ultimi mesi erano interminabili. Stava perdendo i capelli a causa dei continui episodi di bullismo che viveva a scuola. La visita dal medico, aveva rivelato alla mamma di Ettore cosa stava succedendo: “Signora, suo figlio è vittima di bullismo”. La mamma scoppiò in un pianto ininterrotto. Come aveva fatto a non accorgersene di ciò che stava capitando a suo figlio. Così disse al figlio di parlare con gli insegnanti e di denunciare quei ragazzi, ma Ettore disse che se lo avesse fatto, avrebbero fatto di peggio, non poteva farsi proteggere dalla mamma e apparire infantile; ciò avrebbe dato alito ad ulteriori sfottò.

La mamma a malincuore vedeva ogni giorno suo figlio triste, ma aveva voluto accettare il desiderio di suo figlio, fino al giorno in cui fu chiamata dall’insegnante.
La corsa a scuola, la paura di quella voce tremante dell’insegnante: Ettore aveva tentato il suicidio nel bagno di scuola. Fu subito portato in ospedale e la mamma ebbe un crollo fisico e fu ricoverata nello stesso ospedale. In quel momento Ettore capì che la sua famiglia non poteva provare il suo stesso dolore: la sorellina, anche se non parlava, nel suo volto esprimeva tanta tristezza, lei era così piccola per vivere tutto questo, aveva solo 5 anni, e doveva difenderla, non trasmetterle le sue debolezze. Fu così che Ettore raccontò tutto ai docenti, e, dopo che i genitori dei ragazzi furono messi a conoscenza dei fatti in consiglio, denunciò i suoi compagni.
Ettore si diplomò con il massimo dei voti e si iscrisse in seguito all’Università, facoltà di Giurisprudenza.

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