Cassino Parigi solo ritorno

Parigi
Parigi
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Ti hanno detto che si chiama Parigi. E sì, perché quando ci sei stato non ci hai fatto caso. Il tempo passa, ciò che si poteva fare qualche anno fa ha trovato il suo cambiamento oggi. E se tu racconti con l’emozione del ricordo allora ecco che potresti descrivere un viaggio diverso perché diverso è il tempo in cui l’hai vissuto. Ti capita pure di pensare che tu l’abbia sognato ma ci sei stato, o almeno così ti ha confermato chi era con te. Trovi conforto allorquando le cose ti restano impresse e scopri che sono le più folli, poiché spesso la follia ha più senso del resto. La strategia è tanto chiara quanto semplice: l’amico del padre della tua fidanzata vi condurrà da Bordeaux a Parigi dove un suo amico tassista proverà a fare il miracolo di farvi visitare Parigi in un giorno.

La velocità con la quale hai squarciato quel lasso di tempo non ti consente di ragionare alla giusta maniera. Parigi in un giorno, in macchina. L’unica certezza è che ti è mancato il fiato, e non certo per la pur evidente bellezza dei luoghi che hai visitato, ma per essere stato capace di percorrere in lungo e in largo secoli di storia con la frivolezza dei tuoi tempi, figlio convinto di una generazione che non sarebbe mai invecchiata e che il tuo grande rammarico si sarebbe chiamato Chantal e non Parigi come poi invece avresti scoperto negli anni. Eh già Chantal, bellezza da incantatrice e uno stuolo di spasimanti ai suoi piedi. E lei che aveva scelto te, come una bimba viziata che tutto le è dovuto, tra l’incredulità dei corteggiatori e all’insaputa della tua fidanzata che come te non capisce il francese. Ma suo padre sì che lo capisce, ed è lui che con un deciso intervento contribuisce a far evolvere la storia nell’unico modo possibile al momento. Magari a te ti sarebbe bastata solo una foto di lei, per dimostrare agli amici a casa che il viaggio in terra di Francia era stato un successo, ma sai che non è andata così. Prendi in mano la cartina, per darti un’aria da intellettuale o per fare qualcosa.
Il giovane e squinternato tassista ti racconta in breve la sua storia o presunta tale, mentre sfreccia come un pazzo con la sua auto. Trecento dipendenti, impresa di costruzioni fallita; i trecento dipendenti devono far passare il fallimento in secondo piano. Biascica l’italiano e vanta la sua discendenza da Papa Gregorio XVI, che se ti avesse detto Gengis Khan al posto di Papa Gregorio gli avresti creduto lo stesso o avresti fatto finto di crederci per non rovinare la magia del momento. Corre con la sua auto, tra la folla, tra ponti e ponticelli, alternando sensi unici e divieti di accesso come se la città fosse ai suoi piedi. Tra i boulevard e i caffè la gente che lavora si confonde con chi fa il turista. E tu non immagini che quello che ti resterà dipende dal tuo tacito patto con il luogo. La Senna è per te come il fiume della tua città; che cambia, la portata d’acqua forse? Intanto il tassista ti dice che Parigi di prima mattina è meravigliosa, come se lui si fosse accorto che tu stai vivendo un’altra storia.

La Torre Effeil, un ammasso di ferraglia simbolo di tutta la Francia; turisti a bocca aperta. Anche tu a bocca aperta, ma non per l’opera. Il tassista matto ha parcheggiato in divieto di sosta e ha approfittato del cambio dei gendarmi per infilare sotto al tergicristallo della sua auto una multa vecchia di mesi. E i gendarmi si allontanano con un ghigno satanico impresso sul volto, soddisfatti dell’efficienza dei colleghi del turno precedente. In un attimo sali sopra la torre, il tempo di arrenderti alle tue vertigini. Riscendi ancora più veloce e aspetti gli altri. Poi si riparte e tu non ricordi ciò che vedi e quello che non vedi e con che ordine accade tutto.
“Quello è il Museo d’Orsay”, spiega il tassista non solo matto ma anche Cicerone, “ci sono i quadri di Van Gogh, Cézanne e altri famosi, ma non ci andiamo”. Dicono che l’interno sia magico, ma anche da fuori fa il suo bell’effetto con i grossi orologi che segnano il tempo proprio come facevano una volta. Nemmeno al Museo del Louvre a vedere la Gioconda andrai, e i nove milioni di visitatori l’anno resteranno tali. Magnifica, maestosa, grandiosa: gli aggettivi si sprecano per la Reggia di Versailles. E tu, giusto per dire qualcosa, proponi di andare, ma l’autista subito replica: “Tu pazzo amico”, (mo’ il pazzo sei tu), “lontana venti chilometri da Paris”. Senti pure parlare di Notre Dame ma preferisci evitare, visto il risultato precedente. Senti parlare di tanti monumenti, leggi locandine e avvisi: Sainte-Chapelle, la basilica del Sacro Cuore, Chateau-Landon, il Museo de l’Orangerie, l’orologio della Conciergerie, il più antico di Parigi. Nei pressi dell’Arco di Trionfo il tassista decide di fermarsi. Così scendete e vi fate un breve tragitto lungo il viale dei Campi Elisi. E poi potreste andare a Pigalle, il quartiere famoso per i suoi negozi di articoli erotici e per gli storici locali come il Moulin Rouge e il Divan Du Monde. Anche questo sarebbe da raccontare agli amici a casa e da qui potresti prendere, ma non lo prendi poiché sei in compagnia della tua fidanzata, di suo padre, dell’amico del padre che è amico all’autista pazzo e dell’austista pazzo che per giunta ha la macchina e dove la lasci la macchina… potresti prendere, dicevi, il Montmartrobus per raggiungere il caratteristico quartiere di Montmartre con i famosi lastricati e artisti di strada. Ma poi, sempre di corsa come se il mondo stesse per finire in quel preciso istante, ti portano a mangiare su un prestigioso battello sul fiume, dove il cibo costa caro e tutto è lusso. Ma a te non piace quel cibo e la tua salvezza è il cigno che galleggia festante sull’acqua, quello stesso cigno che quando ti alzerai per andare via lo vedrai ingrassato a dismisura.
Mentre gusti un buon Bordeaux, ti ricordi che da lì sei venuto quando ancora albeggiava. Hai lasciato gli stupendi filari e i secolari Château della periferia di Bordeaux con il Tgv e grazie all’amico del papà della tua fidanzata hai viaggiato in prima classe con il biglietto della seconda. “Tanto non ci fanno niente”, aveva profetizzato lui. E in effetti non vi hanno fatto niente.
Riavvolgi il nastro e ti rendi conto che uscire dall’Italia guidando era il tuo sogno. A vent’anni si fanno queste cose, ma tu non te ne rendi conto. Le brusche frenate in prossimità delle pompe di benzina per scuotere dal suo torpore il papà della tua fidanzata che doveva pagare lui il pieno perché sennò dove li prendevi tu i soldi Non era furbizia la tua, ma sopravvivenza. E poi ancora, in piedi ad attendere il signore nel gabbiotto che era lì solo per riscuotere e la benzina non te l’avrebbe mai messa poiché te la dovevi mettere da solo, ma tu non lo avresti mai saputo se non avessi nel frattempo inanellato una serie di figuracce con gli altri automobilisti più esperti. Durante il viaggio di ritorno ti perdi ad Avignone, alle tre di notte. Però una foto con Chantal, solo per farla vedere agli amici la potevi fare…
Cos’è il viaggio? Te lo chiedi adesso perché allora avevi altro a cui pensare. Navigatori, narratori, poeti e addetti ai lavori cercano da sempre la definizione giusta anche per te. Forse il viaggio è cercare qualcosa di se stessi sparso nel mondo, è confrontarsi con persone e realtà diverse per meglio apprezzare la propria. Spesso il viaggio varia con l’età e l’esperienza. A vent’anni vuoi provare l’ebbrezza della libertà, a una certa età potresti provare la paura di non avere più la possibilità di farlo. Di sicuro qualcuno dirà che anche questo tuo è un viaggio, d’altronde viaggiare significa anche spostarsi da un posto all’altro con un mezzo. Ma per te il viaggio è soprattutto ricordo e solo quando il tuo ricordo sarà vivo potrai dire di aver viaggiato e come per magia Cassino Parigi non sarà più solo ritorno ma anche andata. E finalmente potrai dire che a Parigi ci sei stato e ci hai fatto pure caso.

Bruno Di Placido

Volontario della V.d.s Protezione Civile di Cassino, impegnato in vari aspetti del sociale, lettore e, da qualche anno, anche scrittore con un’ambizione dichiarata: riuscire a fondere ragioneria di cui vive e prosa con la quale sogna.

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