Che cosa può succedere nel granaio

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di Silvia Suto

Elena versò un altro po’ di zucchero nel suo thè e non smise di guardarmi. I suoi grandi occhi brillavano di quella curiosità affascinante delle ragazze innocenti che vivono la loro prima esperienza d’amore, precipitate tra paure un po’ sciocche e gioie enormi provocate da cose piccole ed effimere come il gomito del giovane che leggermente sfiorò il suo mentre sedevano accanto a pranzo.

La mia piccola nipotina era appena nell’età quando poco a poco si svelavano i grandi segreti delle cose che succedono tra uomo e donna e io rispondevo con estremo piacere a ogni sua domanda. Mi faceva tenerezza quando arrossiva e nascondeva gli occhi sotto il velluto delle ciglia, o sognava sospirando “Francesco!”.

Parlava per ore di lui, dei suoi occhi, delle sue mani, dei capelli che gli cadono un po’ sulla fronte, delle sue labbra e di ogni singolo particolare che acquisiva un’enorme importanza nelle sue fantasie, ogni sguardo, ogni tocco accidentale, i brividi che la sconvolgevano… e io l’ascoltavo e mi ricordavo della mia gioventù, del tempo quando ero esattamente come lei, tanti anni fa, quando avevo gli stessi sogni e paure.
Ci mettemmo nel giardino, all’ombra della grande quercia. Sotto la collina si estendeva il mare di grano ondeggiante sotto le carezze della brezza. Il pomeriggio era immerso nel silenzio, si sentì solo una campana. Nella lontananza un’automobile navigava dondolando in quella gialla immensità.
– Zia Giulia, potrei chiederti qualcosa … di molto …. ma molto personale? Ma se non vuoi, non me lo devi dire, va bene?
– Ma certo, piccola, puoi chiedermi tutto quello che vuoi!
– Zia Giulia, mi racconteresti … sai … quando … per la prima volta… tu, con un ragazzo… sai… insomma …
– Ahhh, Elena, non ti vergognare, vuoi sapere com’era quando ho fatto l’amore con un ragazzo per la prima volta, vero?
– Sì, – disse con un sospiro di sollievo.
– Allora, se lo vuoi sapere, te lo racconto…
Cercavo di pescare nella memoria quel giorno d’estate, un giorno come tanti, un giorno in campagna, un giorno che non dimenticherò mai …
– Un giorno come oggi. Avevo forse la tua età. Giocavamo con i ragazzi del paese ai pirati e siccome non ero abbastanza brava, i pirati mi presero come ostaggio. Mi misero una benda agli occhi e mi portarono lontano, in uno spazio chiuso. Si sentiva il profumo di fieno, c’era caldo e poca luce. Pensavo potesse essere la stanzetta accanto al granaio.

Era piena estate, avevo sete e … i ragazzi mi hanno legata a qualcosa, forse a uno dei pilastri in legno. E mi lasciarono lì per non so quanto tempo. Con la benda sugli occhi non vedevo niente, sentivo solo il sudore che mi correva giù per tutta la pelle e la polvere che mi soffocava con ogni respiro. Stavo già quasi per svenire, è passata forse un’ora o due e già pregavo che qualcuno venisse a liberarmi.
– E poi? Che cos’è successo dopo?
– Aspetta, aspetta, te lo racconto subito.
Presi la mia tazza e bevvi un goccio di caffè. Poi presi un biscotto e lentamente masticavo. Evidentemente l’innervosiva questa pausa che ho fatto nel mio racconto.
– Sono buonissimi questi biscotti. Veramente li hai fatti tu?
– Sì, sì. Ma, per favore, zia Giulia, ti prego, sto morendo di curiosità, dimmi che cos’è successo!
Era un piacere guardare i suoi occhi che pendevano avidamente sulle mie labbra aspettando le parole, le inghiottiva una a una come facevo io con quei biscotti al cioccolato. Il sole affiorava attraverso le fronde e avvolgeva il suo volto bellissimo in un’aureola di capelli. Assomigliava ad una donna di un quadro di Botticelli, una Venere creata per amore.

Così come il sole accarezzava la sua pelle, le sue spalle e la bellezza dei seni che maturavano sotto la camicetta, verrà un giorno, un momento, una volta quando questa pelle sarebbe stata divorata dalle labbra di un uomo, dalle sue mani che non si fermeranno, procederanno sempre avanti, combattendo con i bottoncini di cui uno si strapperà…
– Allora, in quel silenzio che mi avvolgeva ad un tratto sentii dei passi. Lenti, quasi non si udivano, però si avvicinavano. E io con quella benda agli occhi non sapevo chi era e che cosa posso aspettarmene. Mi prese una paura e cominciai a tremare. Intanto in qualche modo intuii che la persona sia entrata nella stanzetta. Sentii la porta che si aprì e la corrente d’aria che entrò.

Cercavo di immaginare che cosa succedeva. Chiuse la porta e lentamente, passo a passo si avvicinò a me fino al punto quando mi resi conto che stava direttamente davanti a me. Sentivo il suo respiro caldo sul collo. Poi sentii una mano che appena appena sfiorò il mio viso. Si muoveva a qualche milimetro dalla mia pelle, tutt’intorno al mio viso, copiando i suoi tratti e si fermò sulle mie labbra. Un brivido mi balenò per tutto il corpo, ma non era spiacevole.

Due dita sfioravano leggermente le mie labbra da una parte all’altra e a questo punto io chiesi: ‘Chi sei?’ Mi rispose sussurando ‘Ssst’ e mi pose il dito sulle labbra per farmi tacere. ‘Giulia, Giulia!’ Sussurrava. Non riuscivo a capire dalla voce chi era. ‘Ma chi sei?’ chiesi di nuovo. E a quel punto sentii le sue labbra su quelle mie. Erano morbide e bagnate. Le nostre labbra si toccavano e si separavano e con ogni separazione mi prese l’ansia che non torneranno più, aspettavo l’attimo quando le risentirò di nuovo e di nuovo e di nuovo fino al momento quando non si separarono più.

 

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