Il canto di Penelope di Margaret Atwood, recensione del Risma Book Lab

Il canto di Penelope di Margaret Atwood
Il canto di Penelope di Margaret Atwood
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Il mito può essere riletto con la sensibilità contemporanea? Non tutti gli esperimenti letterari condotti in questa direzione sono felici. Il canto di Penelope della Atwood non ha convinto il Risma Book Lab.
Il romanzo è stato criticato negativamente dalla maggioranza del gruppo.
Una piccola parte di noi però lo ha apprezzato perché Atwood regala risonanza ad un piccolo episodio, quello della morte sanguinaria delle ancelle di Penelope. Ha raccontato una punizione spropositata dando voce al personaggio di Penelope che nell’Odissea è una donna “muta”. La storia è raccontata dal punto di vista femminile e dimostra che non c’è una verità ma tante verità.
Ma non è facile rendere nuova una storia come questa, contestualizzandola nel nostro tempo. Secondo molti di noi infatti Atwood ha banalizzato un capolavoro: Penelope meritava di più. Non basta dar voce ad una donna, bisogna vedere come lo si fa. Un problema del volume sono le fonti, che sono troppo poche per un esercizio di questo tipo e, anche forse per questo, la storia sembra troppo semplificata. Brutta anche concettualmente la parte in cui parla delle 12 ancelle come i 12 mesi. Gli archetipi del mito possono essere reinterpretati, ma qui non c’è il contenuto. L’autrice non riesce ad esaltare la figura di Penelope che viene fuori incattivita, acida. Triste anche il racconto dell’invidia verso Elena. Nel libro non c’è sorellanza nemmeno per le ancelle: è un finto femminismo. Chi lo ha letto in inglese lo ha trovato troppo moderno, con un effetto alla “quelli poveri di Down Town Abbey”. La conclusione è che forse Atwood è sopravvalutata.

🌀 Abbiamo nominato anche:
Il mare verticale di Giorgio Saviane (che cita i riti ancestrali del sacrificio del re)
Itaca per sempre di Luigi Malerba
Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood

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