Tutta una vita

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di Paola Lombardi

“Mi dispiace. Non ce l’ha fatta. Deve farsi coraggio”. Il corridoio si snoda come una serpe grigia. Le pareti sembrano stringersi, addossarsi all’improvviso l’una all’altra e il pavimento pare destinato a sciogliersi in un mare d’acqua. Nessuna emozione sul volto dell’uomo addossato alla parete della sala d’attesa. Le sue mani strette. Due pugni che si impastano l’uno con l’altro. Nessuna lacrima e nessuna parola. Nella sala d’attesa del piccolo ospedale non c’è nessun altro.

A differenza dei giorni precedenti non ci sono pazienti né familiari a questuare una diagnosi o un responso. Ci sono solo l’infermiera il medico e quell’uomo con le maniche del giaccone troppo lunghe. È per questo che il dottore ha allungato il braccio per accarezzare leggermente la spalla di quell’uomo. Un gesto istintivo di vicinanza umana. Il dramma atroce che unisce quei due uomini si trasmette come un’onda sonora e si concretizza in una specie di lamento.

Un suono quasi gutturale accompagnato da un movimento brusco di quelle mani che si scontrano l’una contro l’altra. “Dottore io non ce l’ho un’altra possibilità. Quella è la mia sola figlia. È mia figlia”. la voce è nitida, le patole scandite e chiare. L’uomo solleva lo sguardo che lascia intravedere un lampo di rabbia: “Per lei ho lottato un giorno dopo l’altro. Ho sognato con lei, ho lavorato per lei. Quante cose che non ho capito! Non avrei dovuto darle la possibilità di sognare una vita diversa.

Non dovevo farla studiare! Perché le ho fatto pensare che avrebbe potuto vivere meglio di me? Lei non sarebbe mai potuta diventare un dottore. Doveva venire a lavorare con me. Sarebbe stato meglio. Ora sarebbe con me, vicino a me. Lo sa che si è laureata con la lode a 24 anni? E cosa ce ne siamo fatti di questa laurea? Niente. Ci hanno preso in giro tutti. E adesso lei non c’è più. Non ci sarà più. Mia figlia non c’è più”. Non ci sono lacrime sul volto dell’uomo. Al suo posto piange il medico. Il camice bianco scosso dai singhiozzi per quella ragazza di cui ignora anche il nome che non è stato capace di salvare.

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