Piccole belve

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di Paola Lombardi

Sprezzanti. Nelle sere d’estate gli adolescenti diventano sfrontati. Provano l’ebbrezza della libertà. Si sentono unici, convinti che la loro esperienza sia irripetibile. Quel gruppo di sedicenni nella piazza del paese aveva qualcosa di diverso nello sguardo. Uno sguardo carico di odio e di disprezzo. Vivere in un paese molto piccolo e lontano dai grandi centri accresce il senso di rabbia. Li fa crescere come in uno stato di cattività. Piccole belve in gabbia che si aggirano nelle serate estive alla ricerca di qualcosa da fare. Deridere diventa il loro sport preferito.

“Cosa c’è nella loro testa?”, si chiedeva Emma vedendoli agitarsi tra le panchine e la fontana. Li vedeva muoversi e urlare, ridere con suoni sguaiati, ragazzine e ragazzini scomposti che saltavano da un punto all’altro come i giovani oranghi che aveva visto nel documentario in tv. Li sentiva gridare proprio sotto la finestra della sua stanza da letto e aveva un solo desiderio, farli tacere. Spegnerli come si spengono i principi di incendio. Desiderava gettare secchiate di acqua sulle loro teste impomatate.

Si mise ad ascoltarli più attentamente, li sentì deridere un ragazzo che conosceva e si sentì frustrata. Avrebbe voluto fare qualcosa, ma non sapeva come agire. Vestirsi e scendere in piazza non sarebbe stata la mossa migliore. Pensò di parlarne con il parroco oppure con il sindaco. Li vedeva davanti a sé come belve pronte a sferrare l’attacco contro i più deboli. Sessisti, omofobi e razzisti, questa l’idea che Emma si era fatta di loro. Sentì di odiarli, indistintamente. Ad un tratto il gruppetto si accorse della donna alla finestra e non si fece sfuggire l’occasione.

Si avvicinò alla sua casa facendo gesti inequivocabili diretti a lei. Si sentì minacciata ma anche giustificata a fare quello che fece dopo. I ragazzi si appostarono sotto la sua finestra urlandole frasi oscene. Emma sorrise, li guardò e fece un passo indietro. Si allontanò all’interno della sua casa con un sorriso che i ragazzini assiepati sotto la sua finestra avrebbero dovuto vedere. Per salvarsi.

Dopo pochi minuti tornò e si sporse a guardarli. Eccitati i ragazzini presero ad insultarla apertamente ad alta voce. Allora Emma tornò dentro, il gruppetto era lì, proprio sotto la finestra. Gli adolescenti erano assiepati come mosche. Emma prese un secchio grande abbastanza e in pochi secondi ne rovesciò il contenuto sui ragazzi che iniziarono a gridare. Urlavano e si grattavano, si torcevano come anime dannate ed Emma rideva. Per una volta si sentì felice. Vedeva quelle piccole belve strisciare e agitarsi tormentate dal prurito e con gli occhi serrati per l’irritazione. Li aveva innaffiati con la miscela di verderame che aveva preparato per l’orto. In fondo anche loro le erano sembrati molesti come gli insetti che devastavano le sue piantine.

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