Pausa pranzo per turisti affamati

Tempo di lettura: 2 Minuti

“Senta scusi, c’è un posto dove poter mangiare?”
Quella che potrebbe apparire come una richiesta di informazioni piuttosto banale, in alcuni casi, si rivela un esperimento sociale. Due turisti, o meglio una coppia di innamorati a spasso per città e paesi a basso coefficiente turistico, si fermano all’ora di pranzo in una piazzetta nel centro storico di una cittadina che conta oltre 15 mila abitanti. L’occasione è data da un complesso monastico e da un museo cittadino interessanti almeno quanto le vicine sorgenti di un fiume e una affascinante architettura ecclesiastica settecentesca.

Insomma la cittadina promette sorprese per la coppia di visitatori, ma la sorpresa maggiore è proprio relativa al pranzo. Le nonne avrebbero consigliato di procurarsi un pranzo al sacco, ma i nipoti sprezzanti del pericolo di restare a digiuno continuano ad illudersi di trovare un ristorante tipico ad ogni latitudine e anche longitudine.
Il dipendente del museo è il primo al quale la coppia si rivolge con fiduciosa speranza sentendo imminenti i morsi della fame: “Senta scusi, c’è un posto dove poter mangiare?”.
“Mangiare?”, chiede stupito e perplesso l’uomo che ribatte: “E cosa volete mangiare?”.
“Non lo so”, risponde ad una voce sola la coppia sempre più affamata.
“Aspettate”, e l’uomo chiama in soccorso un’altra collega. “Questi ragazzi vorrebbero andare a mangiare al ristorante…”.
“E dove?”, chiede la signora perplessa.

I due si intromettono: “Vorremmo andare a mangiare in una trattoria, in un ristorante, insomma da qualche parte nelle vicinanze senza dover prendere la macchina”.
La signora rivolge ad entrambi sguardi incuriositi e chiama in soccorso un’altra signora. “Senti, questi due vorrebbero andare a mangiare al ristorante dove potrebbero andare?”.
L’altra signora, con una splendida collana di perle, guarda lui e guarda lei, guarda i colleghi e sbotta: “Devono andare in un altro paese, qui in campagna c’è un agriturismo ma a pranzo è chiuso”.
I due visitatori, sempre più affamati e sempre più delusi, cercano di smarcarsi dal gruppo per cercare almeno un alimentari ancora aperto.

“Potreste andare al paese qui vicino che dista una quindicina di chilometri, lì sicuramente ci saranno altri ristoranti”.
“Perché qui non ci sono ristoranti?” chiedono i turisti.
“Ci sono tavole calde vicino l’ospedale, ma è lontano a piedi, e poi c’è un agriturismo ma è chiuso a pranzo”, risponde il dipendente del museo che vede sopraggiungere un altro collega e lo interpella: “Senti, questi due vorrebbero mangiare al ristorante, dove potrebbero andare?”.
“Eh e dove potrebbero andare? Non lo so, ci sono due pizzerie al taglio in paese. Andate lì, ma penso che a quest’ora sia tardi e abbiano già chiuso”.

Quando tutto sembra perduto e i due malcapitati turisti sono già pronti alla fuga, affamati e scontenti, il dipendente del museo li guarda. Sembra riflettere. Alla fine, guarda i colleghi, guarda la coppia e si guarda le mani. “Sentite, se volete, potete venire a mangiare qualcosa a casa mia. Mia moglie cucina sempre per un esercito. Abito qui dietro”.
I due ragazzi, vorrebbero dire di no almeno per finta, ma sentono troppo intensi i morsi della fame per non accettare con larghi sorrisi ed una evidente gioia.
La solidarietà umana, in fondo, non ha prezzo.

Paola Caramadre

Giornalista, autrice e lettrice onnivora e curiosa. Promotrice culturale, 'regista dei libri' e cofondatrice di Tantestorie.it

Rispondi