Le fantasie di un pendolare

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di Laura De Santis

Arriva tutte le mattine alla stessa ora, minuto più minuto meno. Arriva in anticipo di circa quindici minuti rispetto alla partenza del treno diretto verso la capitale. Piercarlo non si scompone mai, non è molto loquace e parla sempre a voce molto bassa. Scambia qualche battuta con gli altri viaggiatori ma senza lamentarsi mai né del caldo né del freddo. Di solito quando il convoglio arriva, i posti a sedere sono già tutti occupati, ma Piercarlo non se ne lamenta, non dice niente e si predispone a trovare un equilibrio per poter sopportare i 118 chilometri di binari che lo separano da Roma.

Da quasi trent’anni percorre il tragitto in treno per raggiungere il posto di lavoro. A differenza degli altri pendolari anziani non ha dei riti per sopportare il viaggio. Piercarlo non gioca a carte, non si cimenta con le parole crociate e non parla al telefono per tutto il tragitto. Piercarlo non fa niente, resta in equilibrio nel corridoio dello scomparto e sopporta pazientemente il freddo polare in pieno inverno e il caldo tropicale in estate. Le sue ferie cadono sempre nello stesso periodo: dal 5 al 31 agosto. Gli altri giorni, escludendo un giorno in occasione della ricorrenza dei morti, una settimana per Natale, circa tre giorni per Pasqua, e poi il primo maggio e il 25 aprile, viaggia in treno.

Per la verità lavora cinque giorni a settimana, quindi tutti i sabato e le domeniche non prende il treno. Piercarlo non si lamenta mai e se qualcuno gli fa notare che il viaggio è stressante, lui rileva che viaggia soltanto cinque giorni a settimana e non sette. Piercarlo sembra assente. Non appena sale sul convoglio si estranea, sembra non sentire nessun rumore intorno a sé, sembra isolarsi in una dimensione parallela, qualche volta sorride guardando le porte meccaniche che si aprono e si chiudono. Piercarlo è impassibile, sopporta il viaggio, il rumore assordante del convoglio, il vociare scomposto dei viaggiatori, sopporta tutto con uno stoicismo innaturale. Ma anche nella vita di Piercarlo accadde l’imponderabile. Uno straordinario di sabato mattina.

Piercarlo per la prima volta nella sua vita di pendolare fu preso dallo sconforto, un senso asfissiante di ingiustizia subita lo prese alla gola. Il viaggio di ritorno del venerdì sera fu difficile per Piercarlo. Eravamo vicini e mi confidò di non poter tollerare il caldo né di dover stare in piedi. Allora gli chiesi come avesse fatto fino a quel momento. “Mi sono abituato al viaggio, appena salgo sul treno penso al fine settimana che mi aspetta. Non mi rendo conto di dove sono, penso soltanto al sabato mattina quando dormirò fino alle nove. Mi sveglierò e andrò in cucina per fare colazione con mia moglie.

Impiegherò almeno mezz’ora. E da quel momento inizierò a godermi la vita, mi riposerò, mi siederò comodamente, non starò in piedi per un’ora e mezza, non sentirò urlare, non proverò caldo e nemmeno freddo, giocherò a carte con i miei amici e sentirò il fresco della sera, guarderò il tramonto e parlerò con mia moglie. Mangerò comodamente seduto a tavola e impiegherò tutto il tempo che mi serve. Per due giorni sarò un uomo, certo un uomo normale, ma non sarò una bestia come per il resto della settimana. Cosa siamo noi? Stipati su vagoni incandescenti, pigiati l’uno sull’altro, costretti a stare in piedi per così tanto tempo, in un caldo asfissiante che toglie il fiato. Ma stavolta, mi vogliono rubare anche un altro giorno di vita. Domani dovrò andare al lavoro e non potrò alzarmi alle nove. Domani…” Piercarlo crollò il capo. Il volto stravolto in un’espressione di sofferenza, provai pena e pensai che non ce l’avrei fatta a fare il pendolare per trent’anni.

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