L’aspetto non sempre inganna

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di Laura De Santis
“Dove va?”
La voce perentoria urla dal gabbiotto laterale all’ingresso. Sembra un congegno di plastica e vetro utilizzato come magazzino, in più è in ombra e quindi non si immaginerebbe mai che dentro ci sia qualcuno. Invece, alla prima rampa di scale, la voce urlante mi ferma. Resto sospeso per qualche istante e poi mi volto e vedo la testa di una donna sulla cinquantina sporgersi dalla finestrella del gabbiotto che mi sbraita con il viso arrossato: “Dove sta andando? Chi le ha dato l’autorizzazione a salire?”. Con molta lentezza scendo di nuovo e mi fermo davanti al gabbiotto scandendo: “Vado alla conferenza stampa”. E la donna con un sorriso sornione ribatte: “Sono autorizzati solo i giornalisti”.
“Sono un giornalista”, dibatto serenamente.
La donna sorride sempre di più e stavolta si vede chiaramente la nota di derisione stampata sulla sua faccia arrossata. Scuote il capo sorridendo sarcastica e mi dice: “Chi vuole prendere in giro. Si vede che non è un giornalista”.

Ora, premesso che chiunque può diventare giornalista e io di chiunque ne conosco tanti, mi chiedo quale sia il modello stampato nell’immaginario di questa donna. Mi guardo e non vedo nulla di particolare. Va bhe le scarpe sono sporche, la maglia è sgualcita, ho la barba lunga, ma niente di preoccupante. Insomma mi assolvo nell’aspetto e prendo il tesserino dal portafogli e lo mostro, stavolta sorrido io, alla donna. Ma non mostra di capire. Lo guarda. Lo apre, vede la foto stampata e la confronta con la mia faccia. Lo richiude e me lo consegna. Il volto rabbuiato e scandendo le parole mi dice: “Chi vuole prendere in giro? Che cosa mi ha fatto vedere? Si vede che quello è un documento falso, ma con me non abbocca. Io conosco tutti i giornalisti accreditati e tu non lo sei. Te ne devi andare hai capito?”. Inizia ad urlare “sparisci, aiuto, vattene”.

Si avvicinano altre persone che mi guardano come fossi un mostro, cerco di spiegare e infilo la mano in tasca per prendere il tesserino e mostrarlo. In quel momento un agente di sicurezza mi blocca afferrandomi alle spalle e senza darmi modo di spiegare mi porta fuori, mentre la donna al gabbiotto, con un sorriso di gioia, mi dice: “Hai visto che non sei un giornalista? Avevo ragione io”.

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