Lady Janara e mr. Wolf

Foto di Willgard Krause da Pixabay
Foto di Willgard Krause da Pixabay
Tempo di lettura: 2 Minuti

Quella amica di mia nonna mi era sempre parsa strana aveva qualcosa di misterioso, di segreto e quel giorno che nonna mi portò a trovarla scoprii di cosa si trattava.

Lei e suo marito erano un pochino strani, già i loro nomi erano tutto un programma; l’amica di nonna si chiamava Nara, il suo consorte Wolfango e avevano un simpatico gatto nero dal nome Venerdì 17. Mia nonna andava spesso dalla sua amica, Lei però non ricambiava mai le visite casalinghe e oltre alla nonna non aveva altre conoscenze. In paese la definivano strana perché era nata nella notte della vigilia di Natale e aveva il vizio di intrecciare la coda dei cavalli, oppure al calar del sole li faceva correre in modo da stancarli e non permettere loro durante il giorno di lavorare.

Un giorno Nara arrivò vicino l’uscio di casa nostra ma scappò via, allora mia nonna incalzata dalle mie domande mi raccontò ogni cosa. Nara in realtà era colei che viene considerata una “Janara”, donna malefica nata la notte di Natale che il martedì e il venerdì operava i suoi malefici insidiando vecchi, bambini e anche gli animali. Il suo vero nome era appunto Janara che deriva da Ianua (porta) perché appunto era considerata una insidiatrice di porte. Poi mi fece vedere che dietro il portone di casa nostra vi era, da sempre, una scopa di saggina; serviva appunto per evitare il suo ingresso perché qualora l’avesse vista sarebbe stata costretta a contare i fili per poter entrare (alle volte vedevo anche delle manciate di sale, e nonna mi spiegò che sarebbe stata tentata a contare anche i granelli).

Nara e suo marito erano una coppia un po’ particolare in quanto Wolfango che tutti chiamavano “Wolf” in realtà era un licantropo cioè un lupo mannaro infatti si racconta che le mattine seguenti la luna piena molte persone lo avrebbero incontrato per la montagna tutto rosso in viso, graffiato, con i vestiti tutti strappati.
Ovviamente si scherza, ricordando le legende e le superstizioni del passato. Però alle nuove generazioni manca proprio questo, lo stare seduti con un nonno o una nonna ascoltando racconti di miti e fatti surreali.

Foto di Willgard Krause da Pixabay

Antonella Branca

Sono nata qualche annetto fa, cresciuta in un piccolo paese ricco di storia e tradizioni, a pochi passi dal mare, dove tuttora fuggo appena possibile. Ho frequentato la biblioteca del mio paese e sono cresciuta con lei, nel 2004 insieme con alcuni compaesani abbiamo fondato un’associazione culturale e creato un piccolo giornale a diffusione gratuita dal titolo “Sciuccaglie”. Sempre in quell’anno con un gruppo di amiche ci siamo occupate del nascente Museo della Pietra e siamo state formate per essere guide turistiche. Appassionata di seggi elettorali e politica, nel 2005 ho svolto un percorso universitario per l’accesso delle donne in politica e nelle istituzioni; lì mi sono innamorata della storia delle donne e della condizione femminile. Ho partecipato, dietro le quinte, a un progetto sulla guerra e le violenze di quel tempo. Nel 2010 ho creato un blog tutto mio, dove raccontare di viaggi nelle tradizioni popolari, nelle ricette italiane e della cucina povera. Ho scritto storie d'amore e di amicizia, e altro ancora. Scherzosamente mi definisco un po' giornalista, un po' food blogger, un po' storica. Ma sognatrice, romantica e solare; schietta, diretta e determinata.  Cerco di trasmettere i sentimenti che catturo nel mio vivere quotidiano, spesso con ironia dico: "Sono una scrittrice, qualsiasi cosa tu dica o faccia può essere utilizzata in una storia". Ho partecipato alla prima edizione del premio letterario “Veroli Alta”, con il testo C’era una volta il paese di pietra, nel 2013 e sempre in quell’anno ho scritto il mio libro auto-prodotto, non in vendita perché è la mia bomboniera di nozze; dal titolo “IL SAPORE DEI RICORDI”. Ho collaborato con varie realtà e dal 2016 con immenso piacere scrivo per voi di tantestorie.it.

Rispondi