La ragazza delle 19 e 56

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Arriva sempre alla stessa ora. Nell’aspetto sembra una ragazza carina, sorridente. Entra e saluta a voce bassa, sussurra quasi il suo “buonasera”. Arriva sempre alle 19 e 56, tutti i giorni tranne quello in cui siamo chiusi. Ormai le abbiamo riservato un posto perché è sempre da sola e allora le abbiamo lasciato un tavolo non proprio centrale perché di solito ai clienti non piace mangiare da soli e farsi vedere dagli altri che sono soli.

Ma forse a lei non interessa. Tutte le sere, mia madre le si avvicina, come fa con tutti i clienti, e le spiega che cosa prevede il menù del giorno. Elenca antipasti, primi, secondi e contorni. Lei riflette. Sembra immaginare tutti i piatti singolarmente allineati su una tavola imbandita e poi sceglie. Penso questo perché nel dire cosa vuole allunga leggermente la mano e con l’indice proteso in avanti sembra indicare qualcosa di immaginario. E sorride, poi. Sorride ogni volta che mia madre le si avvicina.

Mangia lentamente, beve solo acqua rigorosamente naturale. E ultima la cena con della frutta. A dire la verità, negli ultimi tempi, vado io stesso a scegliere la frutta di stagione per lei. Quando prendo le mele, le pesche o le albicocche e le tasto per vedere se sono mature abbastanza mi sembra di accarezzare le mani della ragazza delle 19 e 56 con i capelli ricci, gli occhi scuri e il sorriso enigmatico. In realtà non sappiamo nemmeno come si chiama e nemmeno da dove viene. Non la vediamo mai fuori dal ristorante. Eppure il paese è piccolo. Non l’ho mai incontrata, neppure per caso.

I suoi gesti sono precisi, metodici. Deve essere una persona molto ordinata. Mangia con estrema calma. I rumori intorno non la disturbano. Non sorride mai agli estranei. Anzi, non li guarda neppure. Sorride solo a mia madre. Prende la frutta e la sbuccia, poi la taglia in pezzi che depone nel piatto. E la mangia con le mani. Un pezzo alla volta. Quando ha finito compie sempre gli stessi gesti. Lo so perché la osservo dalla cucina. Si pulisce le mani con il tovagliolo, prende il piatto e lo mette al centro del tavolo, inclina la bottiglia dell’acqua vuota e nel piatto corica il bicchiere dal quale ha bevuto e all’interno vi mette il tovagliolo che ha usato.

E’ talmente bella la composizione ordinata che lascia che mia madre aspetta sempre che sia uscita per andare a sparecchiare il suo tavolo. Alle domande che, a volte, ha tentato di farle, lei non ha mai risposto se non con un sorriso e quindi non sappiamo neppure il suo nome. Una volta, nel giorno di chiusura sono passato al ristorante per una commissione e alle 19 e 56 è arrivata davanti all’ingresso. Ha girato sui tacchi vedendo che era chiuso ed è andata via. Ho tentato di seguirla, visto che era a piedi, ma non sono riuscito a raggiungerla. L’ho persa quasi subito tra i vicoli. Ma prima o poi, riuscirò a trovarla e finalmente saprò almeno il suo nome.

Paola Caramadre

Giornalista, autrice e lettrice onnivora e curiosa. Promotrice culturale, 'regista dei libri' e cofondatrice di Tantestorie.it

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