La lacrima

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di Paola Lombardi

E cosa ne sapeva Ernesto del mondo? Non poteva saperne niente. Nessuno poteva saperne niente. Ernesto andava e tornava, girava in tondo e si fermava immaginando il tempo e lo spazio non come unità di misura, ma come fossero persone. Sì non poteva farci niente. Il tempo era un anziano saccente con la barba bianca e lo spazio era un ciccione pelato che si dondolava mentre camminava. Tutto il giorno interrogava i suoi amici immaginari: Tempo e Spazio e li chiamava per nome quando non riusciva a raggiungere un luogo o quando le ore trascorrevano troppo lente. Una mattina, subito dopo l’alba, sentì qualcosa agitarsi nel suo piccolo cuore di bambino. Una specie di tenerezza, una sorta di nostalgia. Cosa sarà? si chiedeva sempre più spazientito da quella sensazione triste che gli faceva mancare il respiro. Quel giorno, sua mamma sarebbe dovuta rientrare. L’aspettava da settimane, passava davanti alle fotografie continuamente cercando di ricordare ogni dettaglio del suo viso e ogni gesto e ogni odore. La mamma. “La mia mamma”. Aspettava sempre più ansioso interrogando Tempo e Spazio, dando loro il tormento perché i minuti scorrevano troppo lentamente in quell’attesa spasmodica. Quel giorno, arrivò una telefonata inattesa. La zia parlò seriamente al telefono, agitata certo e anche un po’ spaventata. Ernesto stava lì intorno ad aspettare e intanto quella specie di strappo nel cuore si allargava sempre di più. Dove sei, mamma? gridava silenziosamente nella sua testa. La zia riagganciò il ricevitore ed Ernesto vide una lunga, lenta lacrima scivolarle sulla guancia sinistra. La guardò intensamente. “La mamma?” sussurrò timoroso. La zia scosse il capo: “non verrà, oggi” ed Ernesto con il suo cuore di bambino alzò un dito per passarlo sul volto della zia e stringere quella lacrima solitaria. Da quel giorno, Spazio e Tempo andarono via. Ernesto rimase solo, nel suo piccolo mondo di bambino, in compagnia di Lacrima, la sua dolce mamma inghiottita da qualche parte dal Tempo e dallo Spazio.

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