Il tintinnio del cucchiaino

Tempo di lettura: 2 Minuti

di Laura De Santis

Un incidente. Un’incomprensione, un fraintendimento, un contrattempo. Basta un istante per mandare in frantumi le certezze della nostra vita.

È come essere risucchiati in un vortice, è un istante decisivo che trascina via tutto, elimina, cancella, distrugge.

Una mattina, come tutte le mattine, sono entrata nel bar insieme a mio marito. Ho fatto lo scontrino. Ho pagato un cappuccino e un cornetto per mio marito e un caffè per me. Quella mattina non avevo voglia di avvicinarmi al bancone, preferivo sfogliare il quotidiano. Ho affidato lo scontrino a mio marito. Quando ho sentito il rumore della ceramica sul bancone mi sono distolta dalla lettura e mi sono avvicinata per sorseggiare il mio caffè. Ma il mio caffè era destinato ad un altro cliente. La barista, vedendo un anziano accanto a mio marito gli ha attribuito il mio caffè. Un fraintendimento banale.

Può succedere, certo. Ma se qualcuno sapesse quanta rabbia si nasconde in una donna stanca saprebbe che basta una fessura nel muro per mandare al diavolo tutto. Mio marito serenamente mangiava il suo cornetto, mentre la barista chiedeva all’anziano se davvero non era con mio marito e quindi destinatario del mio caffè. Questo dettaglio mi ha fatto infuriare. Mi ha preparato un altro caffè e me lo ha servito proprio mentre l’altoparlante annunciava l’arrivo del treno.

Ho girato il caffè, ho sentito la tazzina bollente tra le dita e con rabbia ho gettato il cucchiaino sul piattino. Il tintinnio del piccolo oggetto metallico è risuonato come una sveglia. Mi sono allontanata come in stato di trance. “Cosa sto facendo? – Mi ripetevo – ho pagato un caffè che non ho bevuto, non continuerò a pagare la tranquillità degli altri. Basta!” urlavo nella mia mente. Ho preso il treno e tutto è cambiato. Ho digerito la rabbia, ho inveito contro la barista, ho invidiato la flemma di mio marito.

Solo allora ho capito cosa fare. Ma non l’ho fatto. Non ho preso decisioni e ho ricostruito il muro della tranquillità, della routine. Quella maledetta crepa si vede ancora, risuona nei legamenti del mio ginocchio dolorante, si riflette in quel dolore che mi contrae le spalle si irradia sulla mia faccia e sul mio respiro che si fa corto.

Mi tengo la crepa e anche il muro.

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