Gli ziti al ragù

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Gli ziti al ragù, piatto protagonista del celebre tradimento culinario nella commedia di De Filippi “Sabato, domenica e lunedì”, accende in me sempre il ricordo dei classici pranzi della domenica di un tempo.

Anche nostro Signore il settimo giorno si è riposato e ha consacrato la domenica a giorno di tranquillità da passare in famiglia; ma purtroppo ora non è più così. Complice il consumismo per molti è giorno lavorativo, ma quei pranzi di un tempo, tutti intorno alla tavola sono un bel ricordo per tanti di noi.

Ci si vestiva bene, si andava a messa, si conversava con le persone che magari incontravi solo in quel giorno. E per il pranzo? Spesso si andava dalla nonna che dava sfogo a tutta la sua arte culinaria per coccolare i commensali. Si alzava di buon mattino, impastava le fettuccine rigorosamente con le uova conservate nel corso della settimana. Metteva su il ragù di buonora perché un ottimo sugo deve cuocere molto. Per il secondo largo alla fantasia si spaziava dal pollo al forno con le patate all’arrosto con l’insalata, mentre per il dolce non c’era problema, si compravano le paste.

Si stava molto a tavola, era un pranzo lungo, dove si mangiava, si chiacchierava e puntualmente il nonno iniziava con i racconti della sua vita; anche se sempre gli stessi, sentirli era troppo piacevole. Si giocava insieme con i cugini, si litigava e subito dopo si faceva pace, senza che i genitori si intromettessero.

I piccoli gesti quotidiani erano i più belli, quelli che ti restano dentro; ad esempio se cascava un pezzetto di pane ti dicevano “soffiaci sopra non è niente e puoi mangiarlo”, se poi ciò non era possibile era gettato tra il mangiare degli animali però prima si doveva baciare, per rispetto.

Ora non si ha tempo, la domenica è un giorno della settimana con un po’ di tempo in più, ci sono le attività sportive dei piccoli mentre per pranzo tra una spesa e l’altra meglio comprare qualcosa di pronto o nella migliore delle ipotesi andare a pranzo fuori, dove si può conversare poco perché non c’è l’intimità familiare. Un vecchio detto dice : “Il passato è una parte di noi che non potremo mai cancellare”, credo fermamente sia così.

Antonella Branca

Sono nata qualche annetto fa, cresciuta in un piccolo paese ricco di storia e tradizioni, a pochi passi dal mare, dove tuttora fuggo appena possibile. Ho frequentato la biblioteca del mio paese e sono cresciuta con lei, nel 2004 insieme con alcuni compaesani abbiamo fondato un’associazione culturale e creato un piccolo giornale a diffusione gratuita dal titolo “Sciuccaglie”. Sempre in quell’anno con un gruppo di amiche ci siamo occupate del nascente Museo della Pietra e siamo state formate per essere guide turistiche. Appassionata di seggi elettorali e politica, nel 2005 ho svolto un percorso universitario per l’accesso delle donne in politica e nelle istituzioni; lì mi sono innamorata della storia delle donne e della condizione femminile. Ho partecipato, dietro le quinte, a un progetto sulla guerra e le violenze di quel tempo. Nel 2010 ho creato un blog tutto mio, dove raccontare di viaggi nelle tradizioni popolari, nelle ricette italiane e della cucina povera. Ho scritto storie d'amore e di amicizia, e altro ancora. Scherzosamente mi definisco un po' giornalista, un po' food blogger, un po' storica. Ma sognatrice, romantica e solare; schietta, diretta e determinata.  Cerco di trasmettere i sentimenti che catturo nel mio vivere quotidiano, spesso con ironia dico: "Sono una scrittrice, qualsiasi cosa tu dica o faccia può essere utilizzata in una storia". Ho partecipato alla prima edizione del premio letterario “Veroli Alta”, con il testo C’era una volta il paese di pietra, nel 2013 e sempre in quell’anno ho scritto il mio libro auto-prodotto, non in vendita perché è la mia bomboniera di nozze; dal titolo “IL SAPORE DEI RICORDI”. Ho collaborato con varie realtà e dal 2016 con immenso piacere scrivo per voi di tantestorie.it.

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