Ahmed

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di Francesco Giampietri
Ahmed ha poco più di vent’anni ma ne dimostra sedici. Castano dattero dagli occhi bizantini.

La miseria polverosa delle periferie d’Egitto, le vicissitudini della traversata mediterranea, le fughe dai centri siciliani e i mille espedienti gli sembrano cicatrici di un’altra vita, il capriccio di una finzione.

Dimentica per non lasciarsi schiantare dal mondo ed andare avanti.

Ora spende le sue giornate in una modesta pizzeria del centro dove il padrone lo spreme come un limone dandogli soltanto il necessario.

Non riesce a inviare neppure una piastra a casa, dove il vecchio tetto continua a marcire. Ma Ahmed non ha pretese perché si sente bene.

Quando cala la saracinesca impugna il manubrio della sua bicicletta con un cartone pieno di pizze invendute. Il padrone asseconda questa bizzarria sbuffando. Pedala fino alla stazione ferroviaria, che di notte si trasforma in un dormitorio di anime disperate e dimenticate. Ombre marginali.

Vecchi clochard italiani e ragazzi apolidi, gli unici rimasti con qualcosa da dire e nessuno a cui dirlo.

Ahmed lascia la bicicletta sotto l’arcata centrale, entra con il cartone e distribuisce le pizze. Poi torna a casa lasciandosi rapire da canzoni lontanissime, nostalgie melodiche di amori lontani, Habibi ya nour el ein.

Così ogni giorno. Così vuole Allah il Compassionevole e misericordioso.

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