Ago, filo e fantasia

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di Paola Lombardi

C’era una volta un paese piccolo piccolo. Stava arroccato sopra una collina con le sue casette di pietra e le sue stradine. La vita del piccolo paese si svolgeva nei vicoli e in uno di questi, in cima alle scale, si riunivano tante donne di tutte le età. C’erano le bambine che giocavano silenziose, le loro mamme che le osservavano sempre, le nonne e le zie. Tutte stringevano tra le mani lembi di stoffa di ogni colore. La stoffa veniva tesa in uno strumento di legno chiamato telaio e le mani di quelle donne correvano rapide e veloci disegnando con l’ago e i fili di ogni colore. Ricamavano senza smettere mai. Fino a quando c’era la luce stavano sedute nel vicolo con i sacchetti pieni di fili di ogni colore e di ogni spessore. Sulle loro tele comparivano fiori, piante, fiocchi, nastri, rose, animali, edere e spighe di grano.

Ogni particolare risaltava su quelle stoffe pregiate di un candore abbagliante. Le dita contratte intorno all’ago sembravano inventare una nuova scrittura. La fantasia modificava i disegni e nascevano creazioni uniche a punto a giorno, punto ombra, punto pieno, punto assisi, punto Rodi, a intaglio, a punto a croce, a punto erba. Quanti nomi per indicare quel tipo preciso di lavorazione, come fossero lingue misteriose che si intrecciavano per sempre alla stoffa. Ricamavano lenzuola, tende, tovaglie, asciugamani. Ricamavano per poche lire capolavori che avrebbero impreziosito la dote delle signore e il corredo per le proprie figlie e nipoti.

Lavoravano chiacchierando, canticchiando, dandosi consigli in quel vicolo pieno di colori e di fantasia. Il ricamo era il loro lavoro fatto di disegni ricalcati con la carta velina, di aghi di forme e dimensioni diverse, di stoffe di tonalità diverse e di un arcobaleno infinito di fili colorati. Le ricamatrici erano l’anima di quel vicolo in quel piccolo paese arroccato sulla collina, qualcuna è rimasta a tramandare un mestiere antico e faticoso, ma ricama in casa, in solitudine, e non è la stessa cosa. Il vicolo aspetta che la fantasia torni ad animarlo.

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