Gl occhi di Walter – seconda parte

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di Antonella Lolli

leggi la prima parte del racconto

Erano circa le dieci di sera. Un’altra oretta e avrebbe staccato, dando il cambio al suo collega e lasciando il ricevimento dell’Hotel in cui lavora, per andarsi a fare una bella dormita. Già: Walter, ieri sera, non vedeva l’ora di toccare il letto. Peccato che, dopo il bar di Pino, non ha chiuso occhio. Approfittando di un momento di tranquillità, dopo aver assegnato la camera a una coppia di tedeschi, è uscito fuori per fumare. È lì che è accaduto tutto.

– Walter.
Non era affatto spaventato da quella voce improvvisa, un po’ tremolante e mezza triste anzi, gli aveva fatto uno strano effetto. Aveva girato la testa verso la persona che aveva pronunciato il suo nome, piano, incredulo, con un sopracciglio alzato e i grandi occhi fissi. L’oscurità non gli permetteva di vederla bene, ma avrebbe riconosciuto quella sagoma esile e delicata anche in mezzo a una folla, l’aveva collegata alla voce e… si è sentito morire.

Gli era caduta la sigaretta dalle dita, ma sembrava non accorgersene, mentre Giulia, la sua Giulia, era in procinto di avvicinarsi a lui. Walter avrebbe voluto andarle incontro, ma gli sembrava di non avere il controllo delle gambe ed era rimasto fermo, con il volto incredulo. Lei, accorgendosi del suo tentativo di muoversi non riuscito, aveva accelerato il passo e gli era corsa incontro, gettandoglisi al collo.
– Giulia.
Aveva ripetuto il suo nome piano, sussurrandolo e la stringeva forte, quasi a farle mancare il respiro, mentre lei cercava di ricacciare indietro le lacrime.
– Sono io, Walter, sono qui.

Un trasporto incontrollabile gliela faceva stringere ancora e ancora più forte ma, d’un tratto, si era allontanato, portandosi una mano alla fronte e strizzando gli occhi. Confuso, combattuto, allarmato. Lei aveva fatto un passo indietro, con aria consapevole, mentre si era passata la punta dell’indice sulla palpebra umida. Walter aveva abbassato lo sguardo, per poi rialzarlo, incredulo. Era questo che voleva, no? L’aveva sempre pensata, desiderata, aveva sempre sognato che lei tornasse. Eppure, quando Giulia era lì, quando aveva notato che non era cambiata di un virgola, che era sempre lei, dolce e bella così, come un anno fa, qualcosa lo aveva fermato; non riusciva a non guardarla, ma una rabbia lo aveva invaso completamente. Lei era rimasta in silenzio, infilando le mani nelle tasche della felpa, poi si era decisa a fare qualcosa.
– Walter, ascolta…
Gli si era avvicinata lentamente, accarezzandogli la guancia, mentre lui, guardando in basso, la lasciava fare, la lasciava dire.
– … Io lo so, lo so che non mi sono comportata bene, lo so che hai sofferto a causa mia. Ma anch’io non sono stata bene. Se sono tornata, è perché sto meglio e perché non ho fatto altro che pensare a te, a noi.

Lui aveva scosso il capo lentamente, mordendosi il labbro inferiore e mettendo entrambe le mani sui fianchi, sospirando. Non gli andava di esprimersi con banalità, ricordandole che sarebbe potuta star meglio anche con lui vicino, lui che l’amava, lui che non l’avrebbe lasciata sola neppure un minuto, lui che…
– Non mi dici nulla?
Continuava a guardarla e, una parte di lui, l’avrebbe attirata a sé, stringendola ancora forte, come aveva fatto poco prima, preso dall’emozione. Con le mani nelle tasche dei pantaloni, aveva voltato il capo alla sua destra piegando le labbra, per poi tornare a guardarla.
– Non è così facile. Non lo è, Giulia. Torni qui, abbracciandomi come se fossi appena tornata da una vacanza. Quando te ne sei andata, tu non sai in che stato mi hai lasciato. Tu… tu non puoi saperlo, tu…
La frase di lui era mozzata da un sospiro lunghissimo. Gli occhi di Giulia erano sbarrati e, in una frazione di secondo, erano tornati a riempirsi di lacrime.
– Io avevo solo bisogno di ritrovare me stessa, non ero in me, non potevo più sopportare nessuno, io non… non…

Si era interrotta con uno sforzo, mentre il petto le sussultava e il respiro le si faceva irregolare. Walter aveva avuto un fremito. Le si sarebbe avvicinato di più per stringerla, ma si sentiva bloccato. In quel momento, pensava che il cuore dovesse batterle davvero forte, se aveva quel fiatone. Era restato in silenzio, a fissarla, poi aveva deciso di parlare.
– Ti sei privata delle persone che ti amavano di più, Giulia: la tua famiglia, i tuoi amici e… me.
Il vento le asciugava le gote. Non piangeva più. Gli occhi erano verso di lui, ma sembravano protesi nel vuoto.
– Mentre ero a Londra, io ti ho pensato sempre. Mi mancavi. Mi mancavi tanto e, appena ho deciso di tornare, sono salita sul primo aereo. Walter, sono qui.
Come avrebbe voluto dirle che anche lei gli è mancata da morire, che non dormiva più bene, che ha letteralmente usato un’altra, per dimenticarla…
– Cancelliamo tutto.
…Che ha fatto tante di quelle stronzate, a causa sua, a causa del vuoto che ha lasciato in lui…
– Non è semplice come credi, Giulia!
Aveva parlato a voce bassissima, ma le parole erano di una potenza bestiale.
Non lo avrebbe mai immaginato. Poche ore prima, aveva sognato il suo ritorno, aveva immaginato di stringerla, di viverla ancora e in quel momento, aveva solo voglia di tirare un pugno al muro.

Lei tratteneva il respiro, poi si era portata una mano alla bocca, annuendo, rassegnata.
– Mi dispiace di tutto, Walter. Di tutto.
La rabbia di poco prima lo aveva pervaso ancora. Questa volta, più violentemente.
– E adesso, non dire che ti dispiace! Adesso non conta più, lo capisci? Perché non ti è dispiaciuto un anno fa, quando sei partita? Ora, che me ne faccio del tuo dispiacere? Me lo spieghi?
Si era alterato, stavolta alzando la voce, come gli capitava di fare poche volte. In quegl’occhi, in quelle parole, Giulia aveva letto tutto il dolore e la rabbia di Walter. Non sapeva cosa dire, né cosa fare. Si sentiva colpevole e terribilmente sola. Aveva alzato le spalle, si era girata e aveva iniziato a camminare lentamente.
Se solo non fosse mai partita, se solo non lo avesse rifiutato, se solo… una voglia irrefrenabile di correrle dietro, prenderle la mano e stringerla, gli appariva più forte di qualsiasi altra cosa. Avrebbe voluto gridarle di fermarsi, di non andarsene più da lui, di non abbandonarlo, ancora una volta. Ma le labbra non si erano mosse. Ogni parte del suo corpo era inerme. Solo gli occhi avevano seguito, spalancati e senza mai chiudersi, quella sagoma che, a testa bassa, camminava lentamente.

Ora, gli occhi sono più calmi. Si alza di scatto e sorride lievemente. Una persona che ti abbandona una volta, lo farà sempre. Non può tornare con Giulia, dopo l’anno che ha passato. Non può. Lei potrebbe farlo ancora e lui si è appena ripreso. Non metterà la sua vita nelle mani incerte di una ragazza che gli ha tolto il sorriso. Non è stupido orgoglio, no. È solo che ora lui ha capito. Deve proteggere se stesso. Si alza di scatto e fissa la sua immagine allo specchio. Raccoglie i capelli in un codino e si mette a guardare i suoi occhi: solo ora Walter si accorge di quella malinconia che li contraddistingue. Solo ora pensa che anche i suoi occhi debbano imparare a sorridere. Probabilmente, il ritorno di Giulia è servito ad esorcizzare il tutto, a guarire da una malattia che si chiama abbandono e amore. Nonostante il mal di testa, Walter è felice: inizierà una nuova vita. E poi… chi l’ha detto che una vita nuova debba iniziare per forza con l’amore? Per ora, lui vuole iniziare una bella e serena convivenza con Walter. Per l’amore, c’è tempo.

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