Cravatte che passione, intervista a Salvatore Sanseverino, il signore della “sette pieghe”

Salvatore Sanseverino
Salvatore Sanseverino
Tempo di lettura: 5 Minuti

C’era una volta, e c’è ancora, la fascinazione della cravatta. Per raccontare questa storia partiamo da lontano e prendiamo a prestito le parole di un poeta, Vladimir Majakovskij che, in Jà sam (Io stesso) scrive: È un modo sperimentato ornarsi di cravatta. Non avevo soldi. Presi a mia sorella un pezzo di nastro giallo. Me lo avvolsi al collo. Furore. La cravatta è quindi nell’uomo la cosa più bella e vistosa.

Dalla letteratura alla realtà, il passo è breve e dalla Mosca dei Cubofuturisti ci trasporta a Napoli in una delle multiformi capitali del Mediterraneo.

Come in tutte le storie anche in questa c’è una parola passepartout, quella parola che costituisce la chiave d’accesso e la chiave di volta, nel caso del professor Salvatore Sanseverino è “passione”. E nel momento in cui ne pronuncia le tre sillabe si è coinvolti nel suo mondo dove si mescolano l’eleganza, il profumo del mare, il sole radente su una città unica e quella inesauribile voglia di andare oltre.

Le vite di Salvatore Sanseverino, imprenditore, socialista, amministratore, esperto di trasporti, sono tante, ma in ognuna c’è stata una passione, irresistibile, per le cravatte. Al punto tale da farne la quintessenza della sua attuale vita: Sanseverino cravatte è un marchio di eleganza e di stile, ma è soprattutto la prova tangibile che i sogni nel cassetto possono diventare luminose storie concrete.

Salvatore Sanseverino è quello che si potrebbe definire un gentleman napoletano, il sorriso sornione, la voce leggermente roca, lo sguardo profondo e quell’accento che tradisce non solo l’origine ma anche l’appartenenza a un mondo culturale che ha tutto di partenopeo. L’intervista avviene telefonicamente, eppure sembra facile immaginarlo nel suo atelier-salotto con la finestra aperta in cui entra la luce di Napoli, gesticolare e accarezzare la stoffa della cravatta che indossa. Una cravatta perfetta fatta di solidità e leggerezza.

Come nasce il marchio Sanseverino?

Nasce per passione. La mia passione mi ha portato a creare cravatte diverse da tutte le altre. Una scelta di classe che ha incontrato la tecnica delle Sette pieghe. Una modalità di creazione che si utilizzava già nell’Ottocento e serviva a dare consistenza alla stoffa prima che si adottasse la tecnica del rivestimento in lana o altri tessuti. Non ho fatto altro che recuperare questo tipo di lavorazione che crea la giusta consistenza per far scendere il lembo in maniera precisa, impeccabile. È un piccolo particolare, ma ci ho creduto fermamente e ho creato il segno distintivo delle cravatte Sanseverino: creare consistenza senza rinunciare alla leggerezza.

La cravatta sette pieghe

Qual è la stata la fonte di ispirazione per Sanseverino nelle vesti di imprenditore dell’eleganza?

Non ci sono state fonti di ispirazioni, amavo e amo le cravatte. Le ho sempre indossate. Quando ero ragazzo una mia sorella era sarta e con i tessuti che utilizzava mi realizzava qualche cravattina. Una volta chiusa la mia prima vita ho cercato un’alternativa e tutti mi incitavano a dare seguito alla mia passione e a realizzare cravatte, dopo aver fatto delle ricerche ho trovato un elemento caratterizzante delle mie cravatte. Ho iniziato insieme a delle ‘vecchiette’ riunite in cooperativa che hanno realizzato questa particolare lavorazione Sette pieghe.

Quante sono le vite del professor Sanseverino?

Quante vite? Tante! Ho fatto politica, sono stato sindaco di Pomigliano d’Arco, sono stato assessore, mi sono interessato di trasporti, sono diventato un esperto di politica dei trasporti. E poi, a un certo punto, visto che tutti mi invitavano a fare della mia passione più vera, la mia professione si è legata al mondo delle cravatte. Ho tentato più per passione che per fare impresa, non ne avevo bisogno, perché contemporaneamente mi occupavo di trasporti. E invece, oggi Sanseverino è un nome riconosciuto anche all’estero. Per me la cravatta è una filosofia, è stile, eleganza, racchiude un mondo e di sicuro la cravatta Sanseverino non è per tutti. Finora abbiamo avuto una clientela abbastanza selezionata, i nostri clienti diventano anche amici, riceviamo per appuntamenti nel nostro salotto-atelier che è un punto di ritrovo dove si può discorrere di politica, di sport, di passione e soprattutto di cravatte. La cravatta non è un oggetto di lusso da ostentare, ma un segno di classe, di eleganza.

Qual è il valore aggiunto del made in Napoli?

L’eleganza. Devo fare i complimenti anche i competitors che hanno saputo cambiare l’immaginario e far capire a un pubblico sempre più ampio che Napoli non soltanto pizza. Napoli è l’espressione di un gusto, di uno stile partenopeo che noi produttori di cravatte inseguiamo e coltiviamo.

C’è un ricordo a cui è particolarmente legato?

Tanti ricordi, a cominciare dalla prima cravatta che abbiamo esposto nel nostro atelier. È un bellissimo ricordo, non sapevo di poter riuscire a fare una cravatta con il mio marchio. Poi quando Jens Weidmann, il presidente della Deutsche Bundesbank ha indossato una cravatta Sanseverino è stato un bel momento, perché ho capito che la nostra cravatta era un prodotto di qualità che fa la differenza.

Cosa vorrebbe tramandare a un giovane imprenditore di oggi?

Il problema è che molti pensano che fare impresa sia solo un mezzo per arricchirsi. Non è così, i soldi possono venire ma solo a patto che realizzi un prodotto in cui credi, che sia particolare, che sia l’espressione di una passione. Bisogna credere nella propria passione, in tutti i campi della vita, dall’amore all’impresa.

Il sito di Sanseverino Napoli: https://www.sanseverinonapoli.it

Paola Caramadre

Giornalista, autrice e lettrice onnivora e curiosa. Promotrice culturale, 'regista dei libri' e cofondatrice di Tantestorie.it

Rispondi