Un licenziamento

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“Eh va bhe… Non è così che doveva andare. Il fatto è che tu hai sempre avuto un atteggiamento ostativo“.
“Scusa se ti interrompo, ma cosa significa ostativo?”
“Di preciso non lo so, ma c’è scritto così sulla tua scheda. E lo sai che l’hanno preparata gli esperti dell’ufficio personale. Però, in effetti, in dieci anni che lavori con noi…”
“Scusami se te lo dico ma sono undici anni e quattro mesi e passa che lavoro qui“.

“Ecco appunto! Stai sempre a puntualizzare, sempre con questo contratto in mano. Insomma serve anche un po’ di elasticità per lavorare bene con gli altri”.
“Eh no! Scusami tanto quello che mi compete fare sul posto di lavoro è scritto sul contratto. Quello che non è scritto sul contratto non mi compete. È chiaro, no?”
“Possibile che non riesci a capire?”
“Cosa dovrei capire? La società civile si fonda sugli accordi. Io non ti ho mai detto che non voglio fare lo straordinario al costo delle ore ordinarie, ma ti ho detto che bisognava scriverlo in un accordo siglato dall’azienda e da me”.
“Eh sì! E poi i sindacati chi li sente?”
“Le regole esistono per questo, per non fare nulla che possa metterci nelle condizioni di doverci giustificare. Le regole ci tutelano“.
“Sì guarda, le regole ti tutelano proprio tanto. Hai capito che ti hanno licenziato?”.
“Sì, questo l’ho capito. Ma non ho capito il perché. Non c’è nessuna motivazione che faccia riferimento al contratto. Si dice solo che ho un atteggiamento ostativo e che creo grave imbarazzo ai colleghi. Ma vorrei capire come. Perché?
“Ma come perché? Tutte le volte che uno che sta in cassa viene a lavorare tu gli vai vicino e gli dici che non doveva venire perché è un illecito. Oppure se fanno due ore in più non retribuite tu vuoi sapere se hanno siglato un accordo separato. Insomma li metti in allarme, li spaventi! Tu non lo vuoi fare? Ma non creare problemi a chi vuole lavorare”.

“Ma anch’io voglio lavorare! Secondo le regole fissate dal contratto. E già così lavoriamo troppo. Ma hai capito? Se ti fai il conto lavoriamo 40 ore a settimana per un compenso netto di 7 euro e 80 centesimi all’ora. Insomma siamo dei pezzenti! E poi guardati intorno. Dove sono i guanti? E i tappi per le orecchie? E le scarpe antinfortunistica? Dovrebbero essere sostituite ogni tanto e invece le portiamo fino a quando non si rompono. E poi hai visto la sporcizia? E quel gancio sospeso non a norma? Insomma l’azienda non rispetta il contratto! Non io”.
“Sì va bhe… Ma l’azienda ti licenzia lo stesso. E se non ti rivolgi al giudice ti viene incontro”.
“Che cosa? Io dal giudice ci vado e vedremo chi avrà ragione. Io le regole le rispetto. L’azienda no!”.
“Va bene, senti se vuoi puoi uscire prima visto che è il tuo ultimo giorno”.
“No grazie. Sul contratto c’è scritto che non sono previste uscite anticipate a meno che non siano autorizzate per iscritto…”

E sorrise al suo superiore che lo guardò come si guardano i matti. “Meno male che non ti dovrò sopportare più da domani”. I colleghi che avevano sentito tutto rimasero in silenzio ognuno con lo sguardo fisso alla propria postazione. Solo il fischio del gancio metallico oscillante sulle loro teste aveva qualcosa di umano tra i mille rumori assordanti degli ingranaggi.

Paola Caramadre

Giornalista, autrice e lettrice onnivora e curiosa. Promotrice culturale, 'regista dei libri' e cofondatrice di Tantestorie.it

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