Paesi di storie

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di Paola Caramadre

Come sono belli i paesi! Quei piccoli borghi arroccati sulle colline, quell’urbanistica frutto dell’umana ingegnosità, quei baluardi di pietra e malta che costellano il paesaggio con i loro campanili.

Che belli i paesi per quell’atmosfera di vecchio e di antico che si respira tra i vicoli. Che strano vederli silenziosi e disabitati quando, invece, ogni angolo e ogni pietra richiamano la vita.

Accanto ai portoni delle case, in ogni stradina, si vedono sedili di pietra, panchine ante litteram, che aspettano che qualcuno si accomodi per iniziare a raccontare. Piccoli spiazzi in fondo alle scale ricordano le sedie portate fuori per ascoltare la musica o per sentire le chiacchiere delle comari. “Per prendere il fresco”, come si diceva una volta.

I gatti passeggiano felici e festanti ad ogni nuovo viandante. Si aspettano che la vita stia per ricominciare e che finalmente arrivi qualcuno a portare loro qualche avanzo di pranzi domenicali.

Qualche sparuto cane guaisce nell’ombra e gli alberi sventolano le loro fronde al vento. I paesi sono così. Sono tasselli di una memoria che si portano dietro storie, racconti, piccole tragedie, grandi dolori. Mai dentro le case, ma sempre fuori in strada, nei vicoli, negli spazi collettivi dove si condivideva la vita. Nel bene e nel male.

Che strani i paesi, i piccoli borghi disabitati, che strano sentire tra i vicoli il vociare metallico che fuoriesce dai televisori accesi. Che strano non vedere i bambini giocare e le mamme rimproverarli dai portoni spalancati.

Che belli i paesi che non restano mai muti, si trascinano dietro le voci di tanti, di tutti. I mulinelli del vento mostrano ancora qualche volto, qualche racconto, infinite memorie di pietre e di sassi, di tanti e di tutti.

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