Ladro di baccalà

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di Giuditta Di Cristinzi
La vedevo tutta intenta in cucina.
Aveva messo a spugnare dei bei pezzi di baccalà nell’acqua fredda e io avevo sentito l’odore, ma non mi ero avvicinato. Avevo capito che quella sera sarebbe stata un’occasione speciale perché tutta la casa era in subbuglio.
Lei aveva aperto il tavolo grande nella sala e aveva messo su una tovaglia rossa con tanti piatti e bicchieri. Lui aveva accostato al tavolo dodici sedie e aveva richiuso la porta come per evitare che io entrassi. Figurarsi se avevo voglia di stare lì da solo al freddo!
Meglio i profumati vapori della cucina e il caldo della stufa. Lei scolò e asciugò i filetti e li tenne da parte, prese un grande tegame di terracotta di quelli antichi della mamma e fece soffriggere aglio, olio, cipolla e peperonicini tritati.
Che profumo! Aggiunse la polpa di pomodoro e poi i pezzettini ripuliti di baccalà, coperchiò e lasciò cuocere. Spense il gas e andò a vestirsi. Si era completamente dimenticata di me.

Fu solo un attimo. La tentazione, la fame, la voglia mi assalirono. Non fui più padrone delle mie azioni. Solo un impulso. Saltai in un sol balzo dalla sedia alla cucina, tolsi il coperchio e via. Mi tuffai in quella meraviglia. Non volevo solo gli avanzi come al solito. Ero talmente concentrato e preso da quel pasto succulento che non la sentii rientrare. Mi guardò fisso negli occhi, si tolse una pantofola e me la lanciò:
Romeo, maledetto gattaccio ladro. Fuori, via da casa mia, da oggi sarai solo il gatto del Colosseo!

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