La tomba senza fiori

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«Rubare i fiori al cimitero è un gesto vile e idiota che offende l’intelligenza di chi lo compie ma non offusca la dignità di chi lo subisce. Comunque, faremo del tutto per assicurare alla giustizia tale malfattore e nel caso ci trovassimo in presenza di un folle lo affideremo alle cure del caso», dichiarò tutto d’un fiato il commissario alla stampa.

A prescindere dalla gravità dell’accaduto, si sentiva preso in giro, anche perché si faceva sempre più concreto il rischio di incappare in una pessima figura. Che fiducia avrebbero riposto i cittadini nelle forze dell’ordine qualora non fossero riusciti a risolvere un furto da quattro soldi? E mentre montava la protesta di chi portava fiori freschi e belli sulle tombe dei propri cari, fiori che puntualmente sparivano, sul cimitero iniziò ad aleggiare un alone di mistero a cui si aggiunsero racconti e leggende al limite del grottesco. Con il passare dei giorni, però, cominciò a delinearsi un quadro più chiaro della vicenda finché si appurò che nessun di quei fiori era mai uscito dal cimitero. In effetti non si trattava di un vero e proprio furto, ma di uno spostamento.

Lo aveva rifatto.
Aimone lo aveva rifatto, era più forte di lui. E adesso si sentiva braccato. Era certo che di lì a poco, questione di giorni o di ore addirittura, le forze dell’ordine sarebbero risalite a lui. Sentì forte il bisogno di parlarne, di chiedere il giusto consiglio, consiglio che in paese solo una persona avrebbe potuto darglielo. Si fece coraggio e andò in cerca di lui.
«Padre ho bisogno del suo perdono, sono io l’autore del furto dei fiori al cimitero, o meglio, dello spostamento. Se mi fossi fermato solo al primo episodio, orchidee bianche adagiatesi, per mia mano, nella tomba di colei che ho amato tanto, invece ho spostato anche altri fiori… Dalle tombe ricche li ho messi a quelle povere, in modo che tutti, almeno al cimitero, avessero lo stesso trattamento. Lei, padre, conosce le mie condizioni economiche, mi si stringe il cuore vedere spoglia la tomba di quella santa donna di mia moglie. Poi ho pensato anche agli altri nelle mie stesse condizioni. Ho sbagliato, lo so, ma so anche che occorrono i soldi per comprare i fiori. Sono un cuore affranto padre, posso anche andare in carcere, tanto non mi cambia la vita». Aimone si sentì un po’ meglio solo a parlarne, ma non bastava. «Costituisciti prima che ti trovino loro. Avranno clemenza, ritireranno la denuncia e il commissario ti proporrà qualche lavoretto come pena, è già successo in casi simili», disse il parroco superato lo stupore iniziale.
«Padre ci avevo pensato, ma ho bisogno di una parola di conforto, qualcosa di più profondo che dia un senso a questa storia», disse Aimone abbassando la testa. La rialzò quando ebbe finito di parlare e vide che il suo parroco era sparito. Riapparve qualche minuto dopo, usciva dalla sacrestia con un libro di Sant’Agostino tra le mani. Il religioso si aprì in un sorriso, aprì pure il libro e, trovata la pagina di suo interesse, cercò gli occhi tristi di Aimone. Poi gli lesse con fervore un passo del grande Dottore della Chiesa: «Una lacrima per i defunti evapora, un fiore sulla loro tomba appassisce, una preghiera arriva sino al cuore di Dio».

Bruno Di Placido

Volontario della V.d.s Protezione Civile di Cassino, impegnato in vari aspetti del sociale, lettore e, da qualche anno, anche scrittore con un’ambizione dichiarata: riuscire a fondere ragioneria di cui vive e prosa con la quale sogna.

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