La ragazza del terzo piano

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di Laura De Santis

Ho 40 anni e sono la ragazza del terzo piano. Non ha importanza che io dimostri tutti i miei quarant’anni, sono la ragazza. Mi chiamano tutti in questo modo. “Architetto, non si preoccupi ci pensa la ragazza del terzo piano a risolvere la questione delle muffe nel seminterrato”. “Ingegnere, stia tranquillo vada dalla ragazza del terzo piano”. Tutti così dicono, quando parlano di me. Io, sul lavoro, sono la ragazza. A nessuno interessa che io abbia una laurea in biologia, un master in biotecnologia industriale, che abbia un dottorato di ricerca all’estero e per giunta abbia vinto un concorso per lavorare in questo ufficio. Io sono la ragazza, senza titoli, senza nome, senza valore.

Un mio coetaneo con una formazione simile alla mia è nella scrivania accanto. Lui, per tutti qui, è il dottor Tenzulli. Tutti dicono quanto sia bravo e preparato, tutti sottolineano quanto sia simpatico a differenza mia che, dicono, sono musona. Ormai mi hanno affidato il compito di segretaria del dottor Tenzulli, non sulla carta ma nel modo di lavorare. Dirottano alla mia postazione le telefonate per parlare con lui, mi chiedono di fissare gli appuntamenti. Lui dice di me: “Vedrete che riuscirò a far sorridere la ragazza”. E mi fa l’occhiolino. Io mi sento umiliata, ma ho bisogno di lavorare. Non ho capito come è successo e per questo non riesco ad uscire dalla gabbia della ragazza. E poi, a me, questo Tenzulli sta proprio antipatico.

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