La casa di stoffa

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Mi chiamo Seta, lo so è un nome insolito.
Lo ha scelto mia madre che adora cucire. Anch’io ho la sua stessa passione, infatti frequento l’accademia della moda.
Vi sembrava una storia qualunque, invece è una storia speciale. Sono cresciuta tra la morbidezza delle stoffe, i loro dolori. I ricordi più belli sono di mia madre intenta nel suo lavoro ed io che la guardo in braccio a mia nonna. È una scena che si ripete negli anni, mia madre vedeva la sua di madre cucire fra le braccia di sua nonna.
Stessi gesti, stesse emozioni, stessa storia. Si storia, sempre quella a partire dalla fine del 1700, quando la lontana zia Memé lavorava alla corte di Re e Regine. Confezionava abiti bellissimi, voluminosi e ricamati a mano; alle volte anche con ricami in oro. Questa lontana zia insegnò il suo lavoro a sua figlia e questo continuò nei secoli, fino ad oggi, di madre in figlia, di generazione in generazione.
Si arriva così ad una nonna, sarta di guerra, sarta in tempo di povertà. Si riparava tutto; dalle toppe alle ginocchia al rammendo di biancheria. Cucire un abito da sposa con le stoffe nuove era un lusso e già si sapeva che sarebbe stato stretto, accorciato, allargato, allungato per la sposa futura. È una storia di corredo nuziale, fatto interamente a mano, lenzuola ricamate davanti al camino, centri da tavola realizzati incrociando i fusi del Tombolo.
Il tempo passa, le cose si evolvono, ma noi donne cresciute nei ricordi della stoffa, saremo fedeli alla nostra manualità. Non accetterò mai un orlo fatto con uno strappo a caldo; preferisco usare la mia macchina per cucire, mentre mia figlia mi osserva tra le braccia di mia madre.

Antonella Branca

Sono nata qualche annetto fa, cresciuta in un piccolo paese ricco di storia e tradizioni, a pochi passi dal mare, dove tuttora fuggo appena possibile. Ho frequentato la biblioteca del mio paese e sono cresciuta con lei, nel 2004 insieme con alcuni compaesani abbiamo fondato un’associazione culturale e creato un piccolo giornale a diffusione gratuita dal titolo “Sciuccaglie”. Sempre in quell’anno con un gruppo di amiche ci siamo occupate del nascente Museo della Pietra e siamo state formate per essere guide turistiche. Appassionata di seggi elettorali e politica, nel 2005 ho svolto un percorso universitario per l’accesso delle donne in politica e nelle istituzioni; lì mi sono innamorata della storia delle donne e della condizione femminile. Ho partecipato, dietro le quinte, a un progetto sulla guerra e le violenze di quel tempo. Nel 2010 ho creato un blog tutto mio, dove raccontare di viaggi nelle tradizioni popolari, nelle ricette italiane e della cucina povera. Ho scritto storie d'amore e di amicizia, e altro ancora. Scherzosamente mi definisco un po' giornalista, un po' food blogger, un po' storica. Ma sognatrice, romantica e solare; schietta, diretta e determinata.  Cerco di trasmettere i sentimenti che catturo nel mio vivere quotidiano, spesso con ironia dico: "Sono una scrittrice, qualsiasi cosa tu dica o faccia può essere utilizzata in una storia". Ho partecipato alla prima edizione del premio letterario “Veroli Alta”, con il testo C’era una volta il paese di pietra, nel 2013 e sempre in quell’anno ho scritto il mio libro auto-prodotto, non in vendita perché è la mia bomboniera di nozze; dal titolo “IL SAPORE DEI RICORDI”. Ho collaborato con varie realtà e dal 2016 con immenso piacere scrivo per voi di tantestorie.it.

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