Il sogno dell’isola

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di Paola Lombardi

C’era una volta una piccolissima isola. Era nata dall’esplosione di un vulcano al centro del mare Mediterraneo. Era piccola, ma graziosa, aveva un dolce dorso che si protendeva verso il cielo, coste delicate che si immergevano nelle acque e un capo inquieto che pareva addormentato. La piccola isola se ne stava immobile circondata dal sole, dal vento e dal mare che, a volte, testardo, ne sommergeva i piedini rilassati. La marea deliziava le sue propaggini e i gabbiani le facevano compagnia, facendola sorridere con le loro acrobazie aeree. I piccoli tonni saltellavano nei pressi della riva e le porgevano cauti saluti senza mai avvicinarsi troppo. Il corpo della piccola isola era stato modellato dal tempo e dalla forza del vento e del mare. La sua anima di tufo si scopriva, a volte, in sottili grotte scavate dagli uomini che la abitavano.

Era stata un’isola fortunata. Gli uomini l’avevano amata al punto tale da superare tutte le asperità del suo piccolo corpo lambito dalle acque e così privo di acqua dolce. Nessuna sorgente, nessun rio prorompeva dal cuore della piccola isola. Eppure, avevano inventato un modo per recuperare la pioggia costruendo labirinti all’interno del suo corpo. La piccola isola li lasciava fare, si deliziava della vita degli uomini.

Accoglieva i pescatori, amava i marinai e dava sollievo ai prigionieri che furono tra i suoi primi abitanti. Faceva festa quando arrivavano i vacanzieri e li stordiva con i suoi colori e le sue coste frastagliate e superbe. Ma la piccola isola aveva un sogno. Un sogno coltivato fin dall’origine della sua storia quando accolse una giovane prigioniera. Le avevano costruito una reggia dorata e l’avevano abbandonata alle cure dell’isola. Esule sull’isola si struggeva nella solitudine. L’isola la contemplava, nella sua ingenua dolcezza sperava di darle conforto, voleva essere il suo asilo e non il suo esilio. L’isola tentò in tutti i modi di distrarre la giovane prigioniera, ma la donna, lontana dal suo mondo, si lasciò andare alla disperazione. Da quel momento la piccola isola non ebbe che un sogno, allungare i suoi dolci piedini per toccare la terraferma. Non pensò ad altro per tutti i secoli della sua vita, voleva crescere per raggiungere l’altra riva… ma la costa era troppo lontana. L’osservava con angoscia e con desiderio. I gabbiani la distraevano, i tonni la divertivano, gli uomini l’amavano, ma l’isola non voleva più essere un’isola e sognava, sognava sempre di avere una lunga coda per toccare l’altra sponda, dall’altra parte del mare.

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