Foreste sconfinate e lupi affamati

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Quando ero una bambina, sognavo spesso di qualcosa o qualcuno che mi fosse accanto.
Mi capitava talmente spesso che l’idea mi cullava durante ogni giorno e diventai dipendente dal pensiero di poter, finalmente, tornare a dormire.
Ero una bambina sola, triste ed incompleta. Qualcosa mancava alla mia vita ma stavo crescendo ed accantonai il pensiero, in fondo quale bambino non ha sentito il vuoto della sua anima?

Mi svegliai con la piena consapevolezza e l’assoluta certezza che qualcuno fosse con me.
Lo sentivo sussurrare, in ogni battito d’aria, al di sotto della sinfonia della città che continua a respirare una vita a me sconosciuta e sprizzante di vita solo per coloro che sembravano circondarmi. Era solo un sussurro, in realtà non sapevo cosa fosse e non era affatto chiaro se lo sentissi davvero. Forse ero sul ciglio della pazzia, ma la cosa certa è che lo sentivo, chiaro e confuso come il battito del cuore di un neonato.
Non sapevo quanti anni avessi, nulla era mutato, e tornai a sognare. Occhi questa volta, nessun volto, solo due pozzi del colore della corteccia degli alberi d’autunno. Loro, erano quello che cercavo e che anelavo: due laghi in fondo alla mia anima che non sapevo dove fosse, di cui conoscevo l’esistenza e la cui ubicazione mi era sconosciuta.
Finalmente, l’avevo trovata, era sempre stata lì. Abissale e scontrosa e ricolma di rabbia, di foreste sconfinate e di lupi affamati.
Potevo smettere di avere paura, avevo trovato il tesoro, anche se quello che avevo trovato non era esattamente quello che avevo sperato. Non potevo sognare ninnananne e farfalle, folletti e arcobaleni, perché una foresta nera piena di bestie fameliche?
Presto nascosi i due pozzi ed essi si tinsero di rosso, di un rosso porpora talmente fremente che non riuscivo più a controllarlo, la voce sussurrava di rabbia e sangue… ben presto qualcos’altro avrebbe divelto la pietra che custodiva l’accesso e si sarebbe tuffato nei laghi.

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