La storia di Isolina (Marina) Caronti

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Il 2 dicembre 1992, ritornando da Venafro, dopo un colloquio decisivo con una ragazza che aspetta un figlio e che ha perplessità nell’accettarlo, è coinvolta in un disastroso incidente stradale all’ingresso della galleria, lato Venafro, da un bolide che, per la strada resa viscida dalla pioggia, sbanda rovinandole addosso: fratture multiple agli arti inferiori e superiori; mesi e mesi di ricoveri tra Venafro e Latina; interventi operatori senza apprezzabili risultati. Esattamente ad un anno dall’evento, poiché non si notano significativi miglioramenti, comincia il via-vai per Lione dove, alla Clinique Emilie de Vialar, è sottoposta al primo dei vari interventi chirurgici che si susseguono a distanza di tre mesi l’uno dall’altro.

Quel periodo è, contrariamente a quanto si può pensare, piuttosto fruttuoso. Proprio in quei mesi di totale immobilità, riesce, sia pure in parte, a far ristrutturare gratuitamente i locali di Via Bembo, contattando per telefono, e ottenendo positivi riscontri, imprenditori edili locali; ottiene, addirittura, il materiale occorrente per la controsoffittatura di quei locali (oltre 300 mq) da una società di Vicenza, pescata a caso sulle pagine gialle; continua a salvare vite a mezzo filo, ricevendo in casa le donne titubanti nell’accettare il figlio; trascorre le giornate al telefono, tanto che spesso una collaboratrice è costretta a sorreggerle il microfono, quando il suo braccio non ce la fa più. Riesce, in un solo bimestre, a pagare anche fatture di oltre 1.200.000 lire: sostiene: “Non posso rinunciare a salvare un bambino, per qualche migliaio di lire”.

Nella primavera del 1993, infuria ancora la guerra civile nella ex Jugoslavia ed ella è preoccupata per i bambini che sono uccisi o martoriati dalle granate. Sempre a mezzo telefono e ancora semiimmobilizzata, contatta la responsabile di un’associazione benefica di Citluk, vicino Mostar e con ufficio a Medugorje (la Sig.ra Lenka), organizza il soggiorno a Cassino e nel Cassinate di una trentina di ragazzi per l’estate imminente. Così, nei locali di Via Bembo, per alcuni anni, arrivano decine e decine di ragazzi croato-bosniaci che generose famiglie del Cassinate accolgono per un mese, sostenendo anche le spese dei viaggi di andata e ritorno, sottraendoli, di fatto, almeno per un breve periodo, al pericolo delle bombe di quella guerra. Quelle famiglie sono di una generosità incredibile: non solo li accolgono come figli e ricoprono quei ragazzi di attenzioni e affetto, ma li rivestono e donano loro tanti, tanti regali (qualcuno di loro è stato addirittura adottato e vive in Italia).

Ogni sabato, poi, pur stando sulla sedia a rotelle, li riunisce in Via Bembo per farli stare insieme e chiacchierare tra loro. Fa venire da Roma, ed ospita personalmente, un sacerdote croato, Don Stephan, perché il sabato sera celebri per loro la Santa Messa in lingua. In una particolare occasione invita rappresentanti dell’Ambasciata croato-bosniaca che accettano di recarsi a Cassino per salutare i giovani ospiti.

Proprio stando a contatto con quei ragazzi, si rende conto della estrema povertà di quelle popolazioni e così prende l’iniziativa di inviare direttamente nei campi profughi viveri e indumenti che, generosamente, vengono raccolti in Città e nel Cassinate. Ben undici volte alcuni operatori del Centro di Aiuto alla Vita di Cassino, a turno e ciascuno a proprie spese, si recano, con un autocarro, messo gratuitamente a disposizione da un imprenditore di Frosinone (Giovanni), in quei campi per alleviare le difficoltà soprattutto alimentari di quelle popolazioni; il tutto senza passare per alcun intermediario, perché sono gli stessi volontari che scaricano i pacchi direttamente nelle singole baracche o tende, consegnandoli alle donne (gli uomini e i giovani sono tutti in guerra) e filmando il tutto e al ritorno Gari TV trasmette quella documentazione, a dimostrazione che quanto raccolto è stato recapitato e distribuito tutto nelle mani di coloro per i quali era stato offerto. Uno speciale carico di medicinali e di carrozzine per disabili viene portato all’Ospedale di Mostar.

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