Una questione di precarietà, l’inno d’Italia diventa ufficiale

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Che bizzarro paese è l’Italia!

Così precario, così sospeso, così impreparato davanti alle emergenze, così orgoglioso di quell’arte dell’arrangiarsi così attentamente coltivata!

Niente è definitivo in Italia, niente è sicuro. L’incertezza è una chimera inseguita e sempre conquistata. Nelle frasi idiomatiche, nelle espressioni dei volti dei suoi abitanti, nei loro gesti si percepisce quel mutevole carattere che nella stessa frase mescola il riso al pianto. I ‘precisini’ non ci sono simpatici, i rigorosi non ci attraggono, preferiamo l’incertezza con quel piglio un po’ artistico che ci caratterizza. Tutto temporaneo, tutto precario. Ma, forse, chissà. E, invece, no.

Ora qualcosa di ufficiale c’è, ed è l’inno nazionale. Sì, perché, quel “canto degli italiani” intonato ad ogni fischio d’inizio e in più di qualche cerimonia commemorativa non è mai stato ufficialmente l’inno nazionale. Dal 1946 quel “fratelli d’Italia” che, siamo certi state canticchiando, è temporaneo. Precario tutto, pure l’inno! Ieri la commissione affari istituzionali del Senato ha approvato il ddl che istituzionalizza l’inno nazionale e quel canto degli italiani di Mameli smette, dopo 71 anni di essere temporaneo.

Infatti, il 12 ottobre1946, quando si palesò la necessità di avere un inno, come tutti gli altri paesi, venne scelta provvisoriamente l’opera di Goffredo Mameli musicata da Michele Novaro nel 1847. Una provvisorietà durata fino al 2017.

“Ma io che ho sempre cantato l’Inno portandomi la mano sul cuore? Cosa ho cantato finora?”, si chiede il nostro amico ottantenne che di commemorazioni e alza bandiera se ne intende. “Una canzone e basta? Ma no! non voglio nemmeno pensarci! Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta… è il nostro inno e non si scherza”. Mancava la legge per rendere l’inno, il canto ufficiale. “E ti pareva? in questo Paese manca sempre qualcosa”.

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