Treni che passano

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Il ticchettio dei passi sul cemento, il respiro affannato e il ronzio del trolley sembrano sempre più vicini. Suoni che diventano sempre più affrettati nel sottopasso invaso da uno strato di melma. La donna con i tacchi, la valigia al seguito e una borsa che le scivola continuamente dalla spalla tenta invano di affrettare il passo ostacolata dalla melma verdastra. Il fischio del treno si avvicina. Un ragazzo lanciato di corsa la urta e la donna rischia di perdere l’equilibrio e cadere.

Non grida aiuto per un innato pudore e non scoppia a piangere perché spera ancora di farcela. Zavorrata dal peso dei bagagli arriva finalmente alla base della rampa quando si sente la motrice rimettersi in movimento. Dal gradino in basso la donna vede il treno ripartire e acquistare velocità. Si osserva le scarpe rovinate dalla melma e si rende conto di aver perso il treno. Vorrebbe scoppiare in lacrime ma si trattiene. Incrocia un’altra donna e le chiede: “Sa quando ci sarà il prossimo?”, ma l’altra la evita e passa oltre immergendosi nell’acquitrino del sottopasso a passi rapidi e precisi.

Con tutte le forze allora decide di risalire e attendere sulla banchina. Non pensa di telefonare a qualcuno, non pensa a nulla tranne che desiderare di sedersi sulla panchina. Un uomo appena sceso dal treno sta fumando una sigaretta. Le getta un’occhiata incuriosita e le chiede se ha bisogno di aiuto. Lei risponde di aver perso il treno e che è tutto a posto. L’uomo la saluta e va via. La donna si accomoda sulla panchina. Distribuisce i suoi bagagli intorno a sé. Sente le campane di una chiesa rintoccare e si rende conto che è domenica. Sospira per prendere fiato e prende un libro dalla borsa. Cerca di mettersi comoda pur non riuscendo a toccare i piedi per terra e inizia a leggere. Da anni ha smesso di leggere romanzi.

Non aveva mai tempo eppure in libreria andava spesso. A tutti regala libri, da sempre. C’è chi dona cravatte, chi profumi, lei libri. Si sente sempre più comoda trasportata dalla trama, si immerge in un mondo che non somiglia minimamente a quell’ammasso di vegetazione incolta che si trova davanti e che quasi nasconde la bassa struttura della stazione. Si lascia trasportare e volta una pagina dopo l’altra. Stavolta sente il fischio del treno ma crede sia una sua allucinazione uditiva perché anche nel romanzo che legge arriva un treno. Scendono delle persone e lei pensa che il loro vociare sia lo stesso del libro. Quando alza la testa il treno è già passato. Solo allora si accorge che è tardi. Apre la borsa e cerca il telefono. Lo prende e digita il numero familiare: “Non vado più a Roma. Ho perso il treno. Puoi venirmi a prendere? Per favore mi porteresti delle vecchie scarpe?” Riattaccò e si mise in attesa.

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