Sale d’attesa

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di Paola Lombardi
“Vorrei tornare a casa”, lo disse scandendo bene le parole in un italiano corrente. Da molto tempo usava soprattutto il dialetto, troncava i verbi, calcava l’accento locale. Lo faceva per pigrizia e per disprezzo non verso gli altri ma verso di sé. In quella sala d’attesa invece tornò l’uomo che era stato. Aspettava insieme al figlio da quasi un’ora. Non avevano mai avuto molto da dirsi. Si guardavano con reciproca delusione. Lo avevano sempre fatto.

Anche quella mattina prima di uscire si guardarono allo stesso modo come fossero incapaci di riconoscersi. Arrivarono in ospedale in anticipo. Senza inconvenienti trovarono la sala d’attesa. Non c’era quasi nessuno e presero posto. Non c’erano riviste per ingannare l’attesa, in compenso c’era un distributore automatico di bevande calde. Da una porta sbucò un uomo con indosso un camice bianco. Il figlio si alzò e sventolando le prescrizioni mediche si avvicinò chiedendo informazioni. Con un gesto della mano l’infermiere lo fermò invitandoli ad attendere con pazienza.

Padre e figlio restarono seduti. Il figlio con la schiena perfettamente dritta e i palmi delle mani poggiati sulle cosce affiancate, il padre più magro era appoggiato al muro con un atteggiamento rilassato che sconfinava nella noia. La mano aperta a sostenere la guancia, le gambe accavallate e uno sguardo curioso che puntava fuori dalla finestra. C’era il sole, doveva fare caldo oltre i corridoi raffreddati dai climatizzatori, sarebbe stato meglio restare a casa si disse il padre. Poi si alzò, prese un caffè dal l’automatico, ciondolò in piedi per qualche minuto mentre entravano altri pazienti. Conversò per qualche minuto con una donna sulla quarantina.

Si sentì meglio e sostenne la conversazione sorridendo ed esprimendosi senza inflessioni dialettali. Guardò suo figlio con lo sguardo smarrito e tornò a sedersi. A quel punto gli disse; “Andiamo via”. Il figlio senza nemmeno voltarsi rispose “no” e basta. Non aggiunse altro. Il padre sussurrò appena “Va bene”. Non si dissero altro. Dopo qualche minuto un’infermiera obesa si avvicinò per invitarli ad entrare. A volte le porte si aprono proprio mentre decidiamo di rinunciare ad entrare.

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