Pianificazioni familiari

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di Laura De Santis
Tutto deve essere pianificato fin nel dettaglio. Commettere un errore significherebbe distruggere un mondo intero. La mia vita è fatta di tante cose e di tante responsabilità. La gestione domestica è affare mio, per esempio. E’ una questione personale anche l’amministrazione familiare. Non posso dividere con nessun altro il lavoro che svolgo. Cerco di fare tutto nel migliore dei modi.

Cerco di essere malleabile, cerco di evitare di spezzarmi. Per questo evito i conflitti. Sarebbe un inutile sperpero di energie e una sterile fatica. Io lavoro nel dettaglio. Seguo una scaletta di impegni inderogabile e sono inflessibile con me stessa. I miei superiori in ufficio contano molto sulla mia assertività e soprattutto sulla mia puntuale esperienza. Non manco mai a nessun incontro, non arrivo mai in ritardo. I miei figli frequentano una scuola privata e non si assentano mai. Nemmeno quando hanno la febbre. Non ce lo possiamo permettere. Soltanto una volta non sono andati in classe perché avevano la rosolia e le maestra mi hanno impedito di lasciarli a scuola.

Li ho portati da mia sorella ed è stata lei ad occuparsene. Mio marito non si accorge nemmeno che le camicie perfettamente stirate e inamidate che ogni mattina tira fuori dall’armadio le ho sistemate io in quel modo. Non si accorge nemmeno che ogni sera trova la cena già pronta e che ogni mattina il caffè è già in tavola quando è ora di andare al lavoro. E tutto questo grazie alla mia organizzazione meticolosa ed essenzialmente perfetta. Non c’è mai una sbavatura, un margine di errore, valuto anche le possibili variabili in modo tale da non restare sorpresa davanti agli imprevisti. Pianifico ogni minimo aspetto delle situazioni.

Grazie a tutto questo ho imparato a prevedere anche le reazioni degli altri e soprattutto ho appreso come ridurre i tempi di produzione, se così si può dire, in modo da ricavare ogni giorno, dal lunedì al venerdì, un’ora solo per me. Anzi, non è solo mia quell’ora di libertà che mi concedo. Grazie alla perfetta sincronicità di ogni azione che compio nell’arco di una giornata mi sono trasformata in un automa. Non assaporo più il cibo, non mi rendo nemmeno conto se c’è una differenza tra i piatti pronti surgelati e una lasagna fatta in casa. Non sento gli odori, a meno che non siano quelli sgradevoli che mi avvisano che è necessario pulire il lavandino o il frigorifero.

Non sento suoni piacevoli da tempo, tutto si confonde nello stesso rumore quotidiano. Non vedo mai nulla che non sia funzionale, non apprezzo opere d’arte e anche la televisione mi confonde. Non riconosco ormai un film da una fiction a puntate. Sono un automa. Ma non sempre. In quell’ora di libertà che mi sono costruita dal lunedì al venerdì sono felice. All’uscita del lavoro prendo l’auto e raggiungo la palestra dismessa del municipio. Nessuno la utilizzava da anni fino a quando alcune signore del quartiere non hanno deciso di chiederne l’uso a titolo gratuito.

Si riuniscono tutte le sere dalle 17 alle 18 e fanno il punto croce. Vado anch’io tutti i giorni dal lunedì al venerdì e sono felice. Le dita procedono spedite sulla stoffa, i punti disegnano paesaggi sempre più elaborati. Poi quando la tovaglia è finita la regalo a una delle signore. Il lavoro più bello che ho fatto è stata una tovaglia da otto posti decorata con grappoli d’uva nera e bianca. Era magnifica. A casa non l’ho portata, mio marito non capirebbe.

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