Non so votare

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L’onorevole era in ritardo. Il padrone di casa passeggiava nervosamente avanti e indietro. Aveva organizzato il catering per la comunione dell’amato figlio e non poteva permettersi una figuraccia del genere. Quasi tutti in paese vantavano almeno una persona altolocata tra le loro conoscenze e alcuni più fortunati erano addirittura apparentati con qualche pezzo grosso. Agli altri non restava che tessere le lodi di potenti amici, la cui presunta relazione si era consolidata nel tempo arricchendosi di fantasiosi contorni.

Quando finalmente l’ospite d’onore varcò la soglia di casa che immetteva nel salone in cui era stato preparato il buffet, il pover’uomo, madido di sudore per il caldo e la tensione, tirò un sospiro di sollievo e diede inizio alla festa. L’onorevole sembrava una star di Hollywood, in un quarto d’ora scarso deglutì un paio di tartine, propose un brindisi affrettato, rifece il giro di abbracci e strette di mano alla rinfusa e tolse il disturbo con la scusa della sua fitta agenda. E così il padrone di casa tirò il secondo sospiro di sollievo, si sarebbe potuto dedicare agli invitati normali. Cittadino seguiva in disparte, non si capacitava del fatto che gli onorevoli fossero esentati dal portare un piccolo pensiero al festeggiato. Visto che è stato invitato, tutti portano qualcosa, solo lui no…

La verità è che una volta si dava del lei o del voi a sindaci e assessori, ora invece ci si rivolge a loro con il nome di battesimo. È il compenso, la contropartita, di chi crede di essere qualcuno perché gli è concesso di chiamare per nome il proprio sindaco. Con un amico è più difficile protestare, è dando del lei, invece, che si mantengono le distanze, si crea un rapporto freddo, fatto di diritti e doveri. I politici l’avevano studiata bene.

Cittadino attese che si calmasse l’acquazzone estivo. Poi si recò al seggio. Scendendo dalla macchina mise il piede in una buca piena d’acqua. Ecco, riparare la buca, questo avrebbe potuto chiedere al politico in cambio del suo voto. Quella buca di sempre, sempre rattoppata ma mai riparata, per mancanza di soldi. Qualche pizza e un aperitivo in meno e i soldi sarebbero usciti. Cittadino diede agli scrutatori la sua carta d’identità e in cambio ricevette la scheda su cui votare, la matita e l’ordine di accomodarsi alla cabina numero due. «Perché la due quando invece è libera anche la uno?», si chiese, «Forse per sottolineare chi comandava», pensò accomodandosi alla due.

Passò una mezzoretta buona, Cittadino era ancora in cabina. «Signor Cittadino si sente bene?», chiese il presidente del seggio alzandosi dalla sua postazione. «Sono poco lucido… in verità sono confuso», dichiarò Cittadino. «Le chiamo un dottore?», chiese il presidente. «Non lucido in quel senso, è che non so chi votare…». Cittadino era in difficoltà. Era indeciso se votare per suo fratello, suo zio, suo cognata, per la comare, il nipote del suo titolare, il professore di suo figlio, l’amico d’infanzia, la sua vecchi fiamma con la quale era rimasto in ottimi rapporti, il caporeparto, la moglie del capo del personale, il fisioterapista, il medico di famiglia, il consuocero, il barbiere, per tre o quattro compaesani che gli facevano la corte e per altri che non ricordava al momento. E si chiedeva se questa fosse libertà oppure una forma di schiavitù mimetizzata da libertà. Aveva sentito dire che forse in cabina non si potevano portare oggetti. E se l’oggetto fosse lui?

Il presidente, oramai spazientito, si diresse minaccioso verso la cabina. Intanto una folla di votanti e curiosi si era accalcata presso l’entrata della stanza. «Voti per uno qualsiasi, consegni scheda bianca. Faccia come vuole, subito, però… altrimenti chiamo i carabinieri!» Cittadino uscì mortificato dalla cabina e rivolgendosi al presidente disse: «Il voto è una cosa seria, cari signori. Per ottenere tale diritto hanno lottato uomini e donne per anni. E c’è chi ha pagato con il sangue. Io non c’ero, a me lo hanno raccontato. Ma oggi sono qui, e oggi è un passo indietro per la democrazia.
Perché il mio voto è un voto sprecato.
Perché io non so votare».

Bruno Di Placido

Volontario della V.d.s Protezione Civile di Cassino, impegnato in vari aspetti del sociale, lettore e, da qualche anno, anche scrittore con un’ambizione dichiarata: riuscire a fondere ragioneria di cui vive e prosa con la quale sogna.

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