Non recidere forbic…

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Sono state il tormento di ogni ragazzino a scuola. Chi di noi, con educazione, non ha chiesto al compagno di banco: “Che mi presti la forbice?” Subito, arrivava il grido dell’insegnante che diceva: “Si dice LE FORBICI”.

Su quest’argomento sono sempre stata neutrale, affidandomi a quello insegnatomi.

Pure il grande Montale in una sua celebre opera usa il termine forbice per indicare il tempo che passa, e lui è un premio Nobel.

Il termine col finale in –ce è usato anche dai giornalisti nelle maratone elettorali per indicare il divario di voti tra una coalizione e l’altra; poi anche Edward nel film aveva le mani di forbice; se poi a quest’ultima parola si aggiunge “taglia”, viene fuori un animale, ma sempre con la parola –ce finale.

Googolando per cercare la differenza tra le due parole, relativamente alla voce Forbici ho trovato un film dal titolo Scissor, una “crisi delle forbici” avvenuta negli anni venti in Unione Sovietica.

La cosa molto singolare è come il termine forbici sia molto usato nelle credenze popolari; c’è chi sostiene che vadano appese in casa, chi dice che se una donna incinta le lancia a terra, dal modo in cui si presentano (aperte o chiuse) svelino il sesso del nascituro (meglio fare un’ecografia).

Altri sostengono che nel giorno del fatidico sì, lo sposo debba tenerne un paio in tasca contro invidia e malelingue; e per scacciare del tutto la negatività meglio metterle anche nel letto degli sposini, magari senza dirglielo. Poi sempre nel rito matrimoniale le forbici sono usate per il taglio del nastro a indicare che si da un taglio al passato e si va verso un futuro diverso; oppure sono usate per il taglio della cravatta, dello sposo, per opera dei suoi amici che ne offriranno un pezzetto ai commensali, in cambio di un’offerta. Quest’ultima un tempo serviva per permettere alla famiglia appena nata di far fronte alle prime esigenze economiche.

Quindi il ruolo principale di quest’oggetto, al di là del come si pronunci, è il taglio; con quello del cordone ombelicale inizia la vita, mentre, le forbici del contadino recidono nella potatura i rami secchi per rigenerare le piante.

Com’era il gioco della morra cinese?
“SASSO, CARTA,…………………………..FORBICE O FORBICI?”

Antonella Branca

Sono nata qualche annetto fa, cresciuta in un piccolo paese ricco di storia e tradizioni, a pochi passi dal mare, dove tuttora fuggo appena possibile. Ho frequentato la biblioteca del mio paese e sono cresciuta con lei, nel 2004 insieme con alcuni compaesani abbiamo fondato un’associazione culturale e creato un piccolo giornale a diffusione gratuita dal titolo “Sciuccaglie”. Sempre in quell’anno con un gruppo di amiche ci siamo occupate del nascente Museo della Pietra e siamo state formate per essere guide turistiche. Appassionata di seggi elettorali e politica, nel 2005 ho svolto un percorso universitario per l’accesso delle donne in politica e nelle istituzioni; lì mi sono innamorata della storia delle donne e della condizione femminile. Ho partecipato, dietro le quinte, a un progetto sulla guerra e le violenze di quel tempo. Nel 2010 ho creato un blog tutto mio, dove raccontare di viaggi nelle tradizioni popolari, nelle ricette italiane e della cucina povera. Ho scritto storie d'amore e di amicizia, e altro ancora. Scherzosamente mi definisco un po' giornalista, un po' food blogger, un po' storica. Ma sognatrice, romantica e solare; schietta, diretta e determinata.  Cerco di trasmettere i sentimenti che catturo nel mio vivere quotidiano, spesso con ironia dico: "Sono una scrittrice, qualsiasi cosa tu dica o faccia può essere utilizzata in una storia". Ho partecipato alla prima edizione del premio letterario “Veroli Alta”, con il testo C’era una volta il paese di pietra, nel 2013 e sempre in quell’anno ho scritto il mio libro auto-prodotto, non in vendita perché è la mia bomboniera di nozze; dal titolo “IL SAPORE DEI RICORDI”. Ho collaborato con varie realtà e dal 2016 con immenso piacere scrivo per voi di tantestorie.it.

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