Miele

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E viveva una bambina, in un’epoca lontana, lontana da tutte le lancette del mondo; il tempo oramai le era venuto a noia e aveva sottratto le increspature ai laghi di montagna per creare il suo bellissimo regno al di fuori di ciò che tutto scorre, un luogo dove solo le pareti potevano svelare quello che fuori girava in tondo, un tocco della punta del naso e si sarebbe visto il mondo.
Il mondo era uno strano luogo, popolato da bambini molto piccoli con enormi maschere da adulti e bambini molto grandi con piccole maschere da adulti, com’era inaspettato il mondo fuori dalle rime del tempo. Tutto scorreva troppo veloce, tutto andava troppo piano.

Le era stata donata la vita quando era solo un filo di lana tessuta nelle notti di luna piena, era volata attraverso la polvere di stelle abbracciata ad un carnoso petalo di rosa rossa, ricordava le lancette e le dita affusolate che l’avevano creata ma non poteva ricordare i minuti trascorsi da quel momento.

Un’anima l’aveva raccolta, l’aveva abbracciata in quella notte e l’aveva immersa in una linfa che non l’avrebbe più abbandonata: un miele dorato che oltre ogni aspettativa le aveva donato una grande anima, antica come la gioia, fragile come un sorriso e altera come una fata. Le aveva donato una pelle di biscuit e l’orgoglio del sapere delle ere.
L’anima della donna le diede anche un nome antico come le fondamenta di un mondo lontano e leggiadro come la mano di una sposa che generò la stirpe di un impero di sacerdotesse.

Lavinia era il suo nome e ora lo avrebbe custodito come una rosa in una teca.
Ci sono molte cose che gli umani non conoscono, segreti che si sprigionano dalle ali di fata e dalle braccia operose di api. Segreti che vivono come loro, attraverso gli specchi, i sussurri e gli aliti di vento. Cosa può sopravvivere al tempo può essere sentito da chi è nato all’incrocio delle anime delle ere.
Lavinia viveva osservando e cercando.

Si trovò in un prato fiorito allo sbocciare della prima margherita e vide Demetra che ne baciava le corolle per asciugarle dalla rugiada del mattino, decise che quella donna sarebbe diventata sua amica e le avrebbe chiesto di benedire le nascite di tutte le piccole dee della sua famiglia. Le chiese di bagnare il loro capo con il miele e di accompagnarle con lo zefiro e il profumo dei fiori e Demetra accettò.
Il giorno seguente si ritrovo in una grotta scura, illuminata solo da una candela che mai si consuma e dalla sua fiamma scarlatta. Le fece tenerezza quella imperitura fiamma, perché aveva il colore delle rose, dei papaveri e delle melagrane. Chiese alla fiamma chi abitasse in un simile luogo e con un lembo le indico la giovane Ade nel buio. Lavinia chiese ad Ade cosa facesse in quel luogo tutta sola e lei rispose che ascoltava i passi della primavera e dell’incedere delle stagioni, che le piaceva lo stridìo della ruota del mondo che tutto creava ma che suo malgrado tutto portava alla fine e poi a rinascere.

Lavinia fu sorpresa dalla risposta, questa giovane conosceva i segreti del mondo attraverso il buio e gioiva della bellezza nonostante la mancanza di luce. Le chiese di accompagnare tutte le dee della sua famiglia attraverso il loro ciclo e che donasse loro la saggezza della conoscenza di cosa c’è attraverso il buio. Ade accettò di buon grado sancendo il loro accordo con tre chicchi di melagrana: Lavinia sarebbe rimasta legata a lei ed entrambe al ciclo delle ere a discapito di tutto quello che sarebbe potuto accadere.
Un giorno con le dee intrise di miele ed una notte con lei nel buio a guardarle dormire.
Così Lavinia fece, fino al momento in cui tutto giunse alla fine del suo ciclo. Successe un giorno che una piccola dea con le mani intrise di miele e con il nome della progenitrice di tutte le anime antiche, la fece cadere.

Non era stato un incidente, nulla sfugge alla grande ruota neanche se ben nascosta da increspature e lancette, la sua pelle di biscuit si sgretolò e la sua anima andò a vivere con Ade, tra le ombre e i profumi sotterranei di Demetra, per sempre avrebbe vegliato con le altre due dee soprattutto ora che lo era diventata anche lei.

(racconto ispirato al romanzo “Le dee del miele” di Emma Fenu)

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