L’importanza di non chiamarsi Stefano Corte

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di Paola Lombardi

“Il primo che mi nomina Stefano Corte è un uomo morto!”
Nemmeno il tempo di finire di pronunciare questa frase che si apre la porta e Sandro tutto sorridente annuncia: “La sapete la novità? Stefano Corte apre un locale in centro”. L’esplosione di un residuato bellico non avrebbe avuto lo stesso impatto, urla, grida, strepiti, bestemmie e imprecazioni. Un vasto repertorio di ingiurie pronunciate con un tono di voce così alto da far tremare i vetri. Il capo era su tutte le furie ma, per ragioni ignote, Sandro venne risparmiato dall’ondata di improperi.
“Cos’è successo?” chiede Sandro ignaro di tutto.
“Niente, pochi minuti prima del tuo arrivo il capo aveva appena detto che non voleva nemmeno sentire il nome di Stefano Corte”.
“Ah e per quale motivo?”
“Questo non lo so, sei arrivato tu e l’hai nominato”.
Il capo nel frattempo si è rifugiato nel suo ufficio. Dopo pochi minuti fa capolino dalla porta con un largo sorriso stampato sul volto.
“Allora cosa hai saputo, caro Sandro, del locale che quello, come si chiama… Stefano, vuole aprire?”
“Guardi ci sono passato davanti poco prima di venire qui, ho incontrato il signor Corte sulla porta che mi ha invitato ad entrare. E’ enorme. Uno spazio grandissimo completamente aperto, arredato con gusto e con colori che vanno dal grigio perla al bianco. Molto sofisticato ma nello stesso tempo accogliente. Ci sarà anche un angolo dedicato alla lettura e alla conversazione. Per una città come questa è proprio quello che ci voleva, credo che avrà un successo enorme”.
Le ultime esclamazioni di ammirazione pronunciate da Sandro vengono triturate dalle grida e dalle urla del capo. Con il viso paonazzo si dibatte spalancando la bocca come fosse un pesce che non riesce a respirare, improvvisamente un bottone della camicia bianca e inamidata cede. Il piccolo oggetto di plastica prende il volo, rimbalza nell’aria e poi con alcuni brevi saltelli si posa sul tavolo delle riunioni. Tratteniamo a stento uno scoppio di risa. Ma basta quell’istante per trasformare la situazione.

Il capo si zittisce, si lascia andare ad un respiro profondo e si allontana. Torna nel suo ufficio, ma stavolta chiude la porta. A quel punto ci concediamo il lusso dei commenti e delle risatine soffocate ma nel frattempo cresce in noi la curiosità. Anche perché tra il capo e Stefano Corte non c’è mai stato niente. Non sapevamo neppure che si conoscessero. Ma evidentemente ci sbagliavamo. Dopo un’oretta il capo torna a trovarci. “Allora, tutto a posto?” sussurra lievemente con una voce rassicurante. “Sapete per caso quando inaugurerà il locale coso, come si chiama, avete capito no?”
Sandro tutto felice, come un bambino in prima elementare, sciorina: “Allora, venerdì ci sarà un open day dalle 18. Tutti potranno entrare, vedere il locale, fare un brindisi. L’inaugurazione vera e propria ci sarà sabato sera alle 22. Ma sarà ad invito. E per quanto ne so tutta la città sta facendo a gara per avere quei biglietti”. E di nuovo il capo si lancia a capo chino in un torneo di ingiurie, un turpiloquio impronunciabile fino a quando non sentiamo bussare al portone. Per tentare di uscire dall’impasse mi alzo e vado verso l’ingresso e solo da lì mi volto verso il capo per dire: “Mi scusi hanno bussato”.
“Sì, sì vedi chi diavolo è a quest’ora”.
Apro la porta e sul pianerottolo c’è un uomo abbronzato con indosso un abito di gran moda e di gran lusso che mi devia come fossi trasparente. Si avvia verso Sandro e lo saluta affabilmente e poi guarda dritto in faccia il capo ancora paonazzo per le urla.
“Salve socio, come va?”
“Tutto a posto Stefano caro, vieni andiamo nel mio ufficio a parlare di affari” con la gioia dipinta sul volto.
“Ma non mi dire?” faccio io rivolto a Sandro.
“E’ proprio Stefano Corte” ribatte il mio collega esterrefatto.
Nemmeno il tempo di riaverci dalla sorpresa che il capo si affaccia nella stanza e impreca: “Il primo che mi nomina Stefano Corte lo faccio fuori con le mie mani”.

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