Le fatiche delle vacanze

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di Laura De Santis

C’è un solo evento che ha, su di me, un impatto emotivo più devastante del Natale. E non è il mio compleanno.

Quando comincia ad avvicinarsi il capoufficio con quelle ridicole griglie in mano che ti invita  a predisporre il piano ferie, io mi sento un prurito che si diffonde su tutto il corpo. Sì, una specie di orticaria. Perché, io, le vacanze estive non le ho mai sopportate. Mi viene l’ansia solo a nominarle.

Tutti si organizzano, si preparano, progettano viaggi, crociere, campeggi, mete esotiche, stazioni balneari, centri termali, vette montane. A me non viene in mente niente. Non mi va di andare da nessuna parte.

L’idea stessa di preparare le valigie, di tirare fuori dall’armadio il costume da bagno, mi fa venire l’angoscia.

Io non voglio andare da nessuna parte. D’estate preferirei andare in ufficio, non c’è nessuno, avrei la possibilità di leggere i libri che non ho letto per tutto l’inverno, avrei la possibilità di lavorare secondo i miei ritmi, cioè lentamente, e forse potrei anche incontrare l’anima gemella. Ovvero un altro sfigato come me che non riesce ad organizzare le vacanze estive.

Quando vedo tutta quella gente in autostrada, con le automobili sovraccariche come tir, mi viene il magone. No, io in vacanza non ci vorrei proprio andare. Troppo stress. Lo dico sempre, ma non lo faccio mai. Alla fine mi lascio coinvolgere dalle proposte più bizzarre e spendo, come al solito, un sacco di soldi e non mi diverto per niente.

Ma l’anno prossimo lo farò. Le mie vacanze ideali. Stacco il telefono, mi chiudo in casa e dormo per due settimane. E tanti saluti al popolo dei vacanzieri per forza.

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