La modernità in un bicchiere

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di Laura De Santis

Ci sono oggetti che hanno un potere catalizzatore, sono quegli oggetti che destano, anche nel più emancipato individuo del XXI secolo, sentimenti assimilabili al culto del cargo della Melanesia. Il presente dell’uomo contemporaneo è lastricato di piccoli e grandi riti quotidiani, dal caffè al bar all’aperitivo passando per il pieno fai da te al distributore di benzina. Ecco, i distributori automatici sono entrati prepotentemente nella nostra quotidianità con il loro implicito carico di mistero. È così che sono nate illusorie oasi del ristoro aperte 24 ore su 24. Angusti locali nei quali campeggiano distributori automatici che distribuiscono dolcetti glucosici, caffè di dubbio sapore e bevande gassate, e non, di ogni genere e ad ogni gusto. Non c’è bisogno di parlare in questi luoghi, le macchine, come moderni totem, si accendono di mille luci che attraggono e respingono, minuscoli display fosforescenti informano che la bevanda è pronta. A volte, voci meccaniche gracchiano i comandi: “inserire il denaro”, “ritirare il prodotto”. Gli utenti osservano i meccanismi, ascoltano le viscere della macchina agitarsi per emettere un bicchierino di plastica pieno di liquidi colorati, freddi o fumanti che siano. Ogni volta c’è qualcosa di estatico nello sguardo dell’uomo che attende di afferrare il prodotto selezionato. Nella facoltà di scegliere si annida la soddisfazione erogata dalla macchina. Di fronte al distributore nessuno storce il naso, nessuno chiede un caffè caldo al vetro macchiato freddo, nessuno vuole un’arancia rossa amara con mezzo cucchiaino di zucchero di canna. Il distributore automatico azzera i desideri, si illumina e nel vuoto di una conversazione impossibile eroga il massimo della soddisfazione possibile al minimo prezzo, anche quando si inceppa, anche quando non dà resto, anche quando ingurgita il denaro restituendo bicchierini vuoti, anche quando non hai monetine. E poco importa che si scriva fai-da-te e si legga “arrangiati!”.

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