Intervista a San Francesco

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Siamo in Umbria, ad Assisi per la precisione. Ci troviamo in compagnia di Francesco di Bernardone, il personaggio del momento. Francesco è il latore di una storia bella e particolare. Noi proviamo a raccontarvela in parte.

Francesco, prima di iniziare a raccontarci la sua vita ho una domanda personale da porle. Perché tra i tanti giornalisti presenti, sicuramente più titolati del sottoscritto, ha deciso di farsi intervistare da me?
Innanzitutto diamoci del tu. Non si può entrare in simbiosi con un fratello dandosi del lei. Riguardo alla domanda ti dico che se ricordi bene tu eri l’ultimo della fila, non avevi alcuna possibilità di arrivare prima degli altri. Ti confesso che ho ricevuto pressioni da persone influenti affinché privilegiassi alcuni tuoi colleghi, ma se hai seguito la mia storia ti sarai accorto che ho una certa predilezione per gli ultimi.

Che dirti, e io che sgomitavo per passare davanti… Grazie, comunque. Torniamo a noi. Invece di continuare a vivere nell’agiatezza e nelle ricchezze accumulate da tuo padre, anche onestamente bisogna dirlo, hai deciso di vivere in povertà rinunciando all’eredità. Era necessario questo passaggio per essere nel giusto e per aiutare il prossimo?
Grazie per la domanda. La verità è che ognuno di noi deve seguire il suo percorso. Non bisogna condannare le ricchezze, ma l’uso che se ne fa. Le ricchezze vanno bene nel momento in cui vengono distribuite nel modo giusto, e onestamente non sono io la persona in grado di fare ciò. Da qui la necessità di spogliarmi del superfluo. Ma dal profondo del cuore mi auguro che ci sia sempre qualcuno più degli altri in grado di operare in maniera corretta per il bene comune.

Francesco, come vivi adesso che hai rinunciato a tutto?
Vivo di carità insieme ai fratelli. Condividiamo tutto, e con tutto indico il poco, quel poco sufficiente a restituirci la dignità di piccoli esseri in confronto della grandezza del Creato. Ci siamo donati completamente a Gesù.

Francesco perdonami, ma chi te lo ha fatto fare?
Non hai capito. Adesso te la faccio io una domanda. Perché sei venuto qui a sgomitare con gli altri per questa intervista? Ci sono altre persone che riscuotono più successo di me.

Ho scelto te perché eri ricco e hai preferito fare il povero. Mi hai incuriosito. Credo che il tuo percorso, al di là della fede, sia molto più significativo rispetto ad altri. Che merito c’è ad essere povero e criticare il ricco? Sa tanto di volpe che non arriva all’uva e dice che è acerba. Ma con tutte queste macerie, come fate a vivere qui?
Con i miei confratelli stiamo ricostruendo il convento, pietra su pietra. Con le nostre forze, e spesso con le nostre debolezze. Abbiamo rifatto l’altare e ora continuiamo l’opera. Viviamo come gli uccellini che non si preoccupano del domani. La nostra felicità sono le elemosine e la carità che fanno ben sperare. Ripeto, ci accontentiamo del poco che, se vissuto con gioia, diventa tanto.

Ci racconti dell’episodio del lupo che terrorizzava i cittadini di Gubbio? È l’episodio narrato nei tuoi “Fioretti” che più mi ha colpito.
Niente, da un po’ di tempo un lupo terrorizzava gli abitanti della città e io, mosso a compassione, sono andato incontro alla bestia nella foresta e l’ho chiamato “fratello”. Dopodiché gli ho fatto la proposta che se non avesse più terrorizzato, danneggiato e ucciso i cittadini, loro in cambio lo avrebbero sfamato. La proposta è stata accolta dal lupo che immediatamente è diventato mansueto.

Francesco, ti fa onore questa intermediazione, però a questo punto possiamo dire che l’uomo è stupido. Occorrevi tu per questa proposta?
L’uomo non è stupido, è che spesso fa lo stupido. È talmente egoista e accecato dalla cupidigia che non riesce a comprendere la bellezza della vita attraverso l’essenziale e la semplicità. Deve capire che la natura non va offesa o vituperata ma amata, rispettata e conservata. La soluzione è sempre dietro l’angolo, ma l’uomo deve sgomberare la sua mente offuscata per cogliere l’ordine dell’universo.

E se un giorno ti facessero santo? Che ne pensi?
Siamo chiamati tutti alla santità, anche chi non crede in Dio. La santità è un modo di vivere e ognuno la vive a modo suo. Se il mio esempio potrà servire un giorno per aiutare i fratelli sono contento di essere ricordato come santo. Ma è Dio a decidere non l’uomo, con tutto il rispetto. Ci sono tante persone che vivono nell’anonimato ma che fanno girare la ruota. Queste persone per me sono i santi.

Chiudo l’intervista, Francesco, con le mie perplessità. Perplessità dovute alla mia misera condizione umana che, come il vento, mi porta ora in una dimensione poi in un’altra. Ciò che mi resta di questa avventura è di essermi trovato al cospetto di una persona nei cui occhi ho iniziato a intravedere la luce, per poi finire con il vederci il sole. Grazie Francesco.
Grazie a te e a chi leggerà, io ci sarò sempre per chi vorrà incontrarmi.

Bruno Di Placido

Volontario della V.d.s Protezione Civile di Cassino, impegnato in vari aspetti del sociale, lettore e, da qualche anno, anche scrittore con un’ambizione dichiarata: riuscire a fondere ragioneria di cui vive e prosa con la quale sogna.

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