I temporali di città

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di Paola Lombardi

Roma. Una città muta. È piovuto, a dirotto. Le strade si aprono di indefiniti specchi d’acqua inzaccherata. La sera si avvicina, invade il pomeriggio. Ha smesso di piovere. Gli autobus, ad intervalli regolari, attraversano le strade. Le luci elettriche avvampano il cielo, sporco di bagliori rossastri. Dal finestrino dell’autobus le vie e i palazzi appaiono come schermati da un fumo ingrigito.

Un uomo costeggia la banchina della fermata dell’autobus. Il mezzo si ferma, permette la salita e la discesa dei passeggeri. L’uomo cammina, lentamente risale la via leggermente in salita. Zoppica, ha un giaccone color crema. Potrebbe essere un padre. Potrebbe essere un uomo dalla vita finita. Potrebbe essere certo di avere ragione. I lampioni accostano l’autobus. Le luci irrorano la strada bagnata. Niente accade. Solo la mia attenzione balena al di fuori del finestrino.

Osservo la strada e guardo i divieti: “E’ pericoloso sporgersi dal finestrino”. “Vietato sporgersi dal finestrino”. Guardo fuori del finestrino. Mi appoggio con tutta la mia immaginazione sui cartelloni pubblicitari dalle scritte immense. Inseguo i fari accesi delle automobili. Costernata, occhieggio il simbolo che mi vieta di fumare. La pioggia è finita. Sembra già buio. È ancora presto, è solo inverno. È solo l’inverso di ieri. È solo un giorno che insegue l’altro. È solo un momento. Fermata in via Catania.

Le luci dei negozi, le insegne e le vetrine, gli addobbi natalizi e i bambini che mangiano pizza. Ho l’indirizzo impresso nel cervello e conosco la porta che si aprirà. L’ospite mi tende la mano, mi invita ad entrare, mi guarda dritto in faccia. “Avrai avuto freddo” mi dice. “Sì, ho avuto freddo”, penso di rispondere. Sembra un incontro straordinario e invece sono soltanto tornata a casa.

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