I migliori maestri

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Fortunato Gaudenzio, presidente dell’omonima società per azioni, era nipote dell’illustre nonno dallo stesso nome che in tempi lontani aveva fondato l’azienda portandola ai massimi livelli.

Come avesse fatto il capostipite lo sapeva solo lui, il Padreterno e qualche accondiscendente buontempone dell’agenzia delle entrate.

Come avrebbe fatto il nipote a dilapidare l’immenso patrimonio lo sapevano, invece, i dottori  Losaccio e Teodico, capufficio il primo, caposquadra il secondo.

Felice il primo, lo stesso il secondo. Di nome, ovviamente, per uno strano caso del destino.

Felice di sicuro non era invece Pio, giovane neolaureato e neoassunto, malcapitato sotto le grinfie dei due. A ventitré anni Pio vantava, oltre al pezzo di carta, un’ottima conoscenza della lingua inglese, sia scritta che parlata, e attestati vari. Il suo sogno era di impegnarsi, crescere in umiltà e strada facendo partecipare a master di livello con lo scopo di migliorare la sua preparazione. Aveva capito subito, invece, che nella sua posizione poteva dire addio ai sogni di gloria.

Non sarebbe stato facile uscire indenne dalle iniziative dei due incompetenti, tre con il capo. Aveva sempre rifiutato il concetto di raccomandazione ma ora si rendeva conto che se non erano raccomandati Losaccio e Teodico voleva dire che le raccomandazioni non esistevano.

Quei due, classici “Ciucci e presuntuosi”, gli toglievano il respiro. Sapevano tutto loro, quando invece era chiaro il contrario. E di questo andazzo non ne risentiva solo Pio ma anche, fatto ben più grave, le casse della società che non quadravano mai, ma che invece si assottigliavano sempre di più.

Losaccio e Teodico assecondavano in tutto e per tutto il titolare il quale ricambiava la loro fedeltà con laute ricompense e sperticate lodi. Pio subiva. «Caspita, non ne azzeccano una, nemmeno per sbaglio!», si era oramai convinto. «Ma tu la pensi sempre al contrario?», gli fecero notare un giorno i due. A Pio si acese la lampadina. Fu un attimo, comprese che aveva bello e confezionato il suo master a portata di mano. Un grande master, e senza spendere un centesimo.

In una realtà mediocre sono mediocri anche i maestri. Allora meglio quelli scarsi, non hai dubbi quando ricevi le loro risposte, basta fare il contrario di ciò che dicono loro. Se i maestri fossero così così, una via di mezzo per intenderci, avresti sempre il dubbio. «Avranno torto o ragione questa volta?», ti chiederesti. È come per i bambini quando provano a mettersi le scarpe da soli. Ci sono due possibilità, la prima che indovinino il verso giusto, la seconda che lo sbaglino, sempre al cinquanta per cento delle possibilità, e loro fanno sempre la scelta sbagliata. I maestri meglio se sono bravi, ma se sei poco fortunato o il meglio non puoi permettertelo… Pio attinse all’adagio “Bisogna fare di necessità virtù!”.

Iniziò a chiedere con furbizia e insistenza a Losaccio e Teodico consigli e direttive, e non appena riceveva risposte lui faceva il contrario. I maestri furono contenti di sfoggiare la loro opinabile preparazione e Pio imparò tanto, imparò tutto. Diventò un grande maestro. Lui. Un maestro al contrario.

Un maestro di verità.

Bruno Di Placido

Volontario della V.d.s Protezione Civile di Cassino, impegnato in vari aspetti del sociale, lettore e, da qualche anno, anche scrittore con un’ambizione dichiarata: riuscire a fondere ragioneria di cui vive e prosa con la quale sogna.

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