Cercasi commessa simpatica

Tempo di lettura: 3 Minuti

di Laura De Santis

Tutto ha avuto inizio da un annuncio: “Cercasi commessa, anche senza esperienza”. Tutti i giorni passavo in quel negozio di abbigliamento. L’ingresso era fatto ad angolo e attraversandolo avrei risparmiato almeno dieci passi. A quel tempo non c’era ancora l’app contapassi e non avevo problemi di peso. Anzi, ero un peso piuma non da poco! Comunque, un giorno notai il cartello, lanciai un’occhiata furtiva al negozio, mi tolsi gli occhiali da sole e sfoggiai il sorriso migliore del mio repertorio. “Salve, ho letto l’annuncio e…”. Non finii nemmeno la frase che la ragazza al bancone mi afferrò la mano e mi disse “vieni”.

Mi portò nel magazzino, chiamò un tizio con un ineffabile “Oh!”, il tizio riemerse da una montagna di cellophane e mi venne incontro. “Non ti vesti male”, valutò osservandomi. “Hai mai lavorato in un negozio? Va bhe, va bhe, inizi domani. Puntuale alle 10. Ok? Sei in prova per tre giorni, OK?”. Scossi la testa dall’alto in basso per dire sì. Mi sentii come se mi avessero arruolato nella legione straniera. Sarei diventata una commessa! Una commessa? Non so perché mi venne voglia di esultare. Forse, perché ero a corto di liquidi. Tant’è iniziai. Il giorno dopo arrivai quasi puntuale. La ragazza del giorno prima mi mise a piegare montagne di magliette sintetiche della taglia di Olivia, per lunghezza e larghezza, in offerta speciale. Ci trascorsi quattro ore in quel modo mentre intorno a me il negozio si animava di decine di stridenti voci femminili. Il primo giorno trascorse così. Ero ancora in prova. Il secondo giorno venni catapultata nel mondo delle vere commesse: accogliere le clienti e consigliare l’acquisto del capo più costoso. Non mi sembrò molto difficile come compito e non me la cavai nemmeno troppo male.

Fu l’ultimo giorno di prova ad essere maledetto! Come il giorno precedente avrei dovuto sorridere, mostrare la merce, sorridere e consigliare. In un momento di caos apparve nel negozio una mastodontica ex ragazza over 35 come minimo. Una taglia comoda superiore alla 56 almeno alla prima occhiata ma poteva tranquillamente essere una debordante taglia calibrata per quanto ne so. Oggi, con il senno del poi, mi pento di aver maliziosamente e perfidamente sorriso guardandola. Ma… cercai in tutti i modi di esserle d’aiuto consigliandole abiti-tenda con meravigliose fantasie nere. Insomma, il nero sfina, no? La cliente non mostrò nessuna intenzione di seguire le mie indicazioni e si avviò spavalda al banco delle magliette sintetiche taglia-Olivia che avevo piegato due giorni prima. Volevo con tutte le mie forze evitare alla cliente l’umiliazione di sembrare un insaccato, ma lei mi squadrò come avrebbe fatto con un grissino nella pausa pranzo e mi dribblò con estrema agilità per fiondarsi al banco delle magliette in puro acrilico. Non contenta, prese dal mucchio una striminzita maglietta color rosa maialino…

La guardai negli occhi, sinceramente preoccupata per la sua autostima e scossi nervosamente la testa. “Non credo possa andarle bene. Vestono molto piccole…”. Non mi fece nemmeno finire la frase che, con un muggito, mi rispose: “cosa vorresti dire?”. Io, sprezzante del pericolo, sorridendo le dissi: “ovviamente non potrebbe mai entrare in quella maglietta. Bisognerebbe avere una xxs per entrare lì dentro. È stretta anche per me!”. Non so, se ad indispettirla fu più l’ovviamente oppure il sorrisetto che non riuscii a frenare. Fatto sta che la giunonica cliente iniziò a strillare, a gettare tutte quelle magliette per aria e ad offendere me urlandomi cose come “ti auguro di ingrassare bevendo l’acqua liscia”. Accorse il tizio del magazzino, calmò Sua rotondità ferita nell’onore e l’affidò ad un’altra commessa. La cliente uscì con la sua maglietta rosa-maialino. Sull’uscio feci in tempo a gridarle: “sembrerà una salsiccia con quella cosa addosso e puzzerá come una porcilaia. E sappia che sudare lì dentro non le farà perdere nemmeno un etto!”. Mi fece un gestaccio più eloquente di mille discorsi. Naturalmente, fui licenziata prima di essere assunta. Il giorno dopo ripassai di lì, come al solito. C’era di nuovo il cartello, ma stavolta diverso: “cercasi commessa SIMPATICA anche senza esperienza”. Non so come, ma le maledizioni del pachiderma devono aver fatto effetto, da quel giorno iniziai ad aumentare di peso. Ed entrai nella maturità: la stagione in cui conti le calorie per cercare di entrare, a fatica a dire il vero, in una taglia medium.

Rispondi