Al lupo, al lupo

I lupi dell'area protetta di Civitella Alfedena
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di Paola Lombardi

Il lupo cattivo della fiaba di Cappuccetto Rosso, il lupo e l’agnello della favola di Esopo, i lupi che ululano minacciosi alla luna, il lupo mannaro.

I lupi sono nell’immaginario collettivo come rappresentazione dell’inquietante natura selvaggia dei boschi, animali predatori che seminano la morte, che uccidono e aggrediscono. I lupi fanno paura e sono invocati da genitori infastiditi per generare lo spaventato sgomento in bambini troppo vivaci.

I lupi fanno paura, anche oggi, nel 2017, quando la popolazione si aggira intorno ai 1500 esemplari sugli Appennini e si stima sui 150 sull’arco alpino, citando i dati del WWF. Quanto fanno paura? Troppo, visto che spunta un piano nel quale si legge come misura estrema: “Un abbattimento controllato fino al 5% della popolazione complessiva di lupi in Italia, previo un piano regionale approvato da Ispra e Ministero”.

Per fortuna, sembra, che le Regioni stiano facendo dietro front sulla potenziale riapertura della caccia al lupo. Per fortuna. Perché i lupi sono animali protetti, vittime, spesso, delle trappole dei bracconieri. Perché per poter tornare a sentire l’ululato di un lupo è stato necessario mettere a punto un sistema di tutela.

Perché questi animali, così eleganti e forti, così solenni nel loro incedere, fanno tanta paura? Perché ci costringono a fare i conti con le paure ancestrali dei nostri antichi progenitori. Eppure, se, come in una favola, vi capitasse di trovarvi faccia a faccia con il muso di un lupo vi accorgereste che nel suo sguardo si nasconde l’istinto alla libertà e che i suoi occhi sono gravati dalla paura che noi umani sappiamo incutere tanto bene. Salviamo i lupi, lasciamoli liberi di vivere nel loro habitat.

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